Come liberarsi dall’odiato petrolio
Di tutte le materie offerte dalla natura di certo la più odiata è il petrolio. Inquina quando è estratto dalle sabbie dei deserti o dalle valli della Basilicata o dalle […]
Di tutte le materie offerte dalla natura di certo la più odiata è il petrolio. Inquina quando è estratto dalle sabbie dei deserti o dalle valli della Basilicata o dalle […]
Di tutte le materie offerte dalla natura di certo la più odiata è il petrolio. Inquina quando è estratto dalle sabbie dei deserti o dalle valli della Basilicata o dalle giungle tropicali o dal fondo del mare. Inquina quando viene trasformato per raffinazione in benzina, gasolio, olio combustibile, eccetera. E i suoi derivati, bruciando, immettono nell’atmosfera il gas anidride carbonica, circa 3 chili per ogni chilo di combustibile, la quale contribuisce al riscaldamento del pianeta e alle anomalie climatiche che ci affliggono ogni anno di più, proprio anche per l’aumento dell’uso dei derivati petroliferi. I pozzi sparsi nel mondo hanno pompato nel 2017 circa 4.700 milioni di tonnellate di petrolio greggio che enormi navi e giganteschi oleodotti trasportano dai pozzi alle raffinerie; milioni di camion ogni giorno trasportano i carburanti ai milioni di distributori sparsi nel mondo che dissetano i 1300 milioni di autoveicoli circolanti nel mondo. Altri oleodotti trasportano i derivati del petrolio nelle fabbriche chimiche che li trasformano in materie plastiche e altri prodotti chimici industriali.
Per quanto odiato per i danni ambientali che arreca, il petrolio è ancora il sangue, tossico quanto si vuole, di tutte le merci.
Se ci si guarda intorno, non c’è oggetto nella cui fabbricazione non è entrato il petrolio. Cominciamo dal cibo che arriva sulla nostra tavola: la produzione dei cereali, e poi del pane, della pasta a dei dolci, è stata possibile perché la terra è stata lavorata con trattori e macchinari alimentati a derivati petroliferi e gli stessi sono stati usati per trasportare qualsiasi derrata dai campi alle industrie di trasformazione e ai negozi e probabilmente abbiamo usato benzina o gasolio derivati dal petrolio per andare dal negozio a casa.
Il discorso si può ripetere per la carne, il latte e per il caffè che è trasportato dall’Africa o dall’America con grandi navi alimentate a olio combustibile.
A casa e nel posto di lavoro troviamo che i mobili, le vernici, gli elettrodomestici, i computer e i cellulari contengono materie plastiche di origine petrolifera. Anche nelle camicie e scarpe ci sono fibre e materie sintetiche di origine petrolifera.
L’elettricità ormai fortunatamente è prodotta sempre meno bruciando prodotti petroliferi, ma arriva all’interruttore, in genere di plastica, attraverso fili isolati con materie plastiche derivate dal petrolio.
C’è un vasto movimento, che condivido, che aspira a liberare l’umanità dal petrolio ma anche da tutti i combustibili fossili come il gas naturale e il carbone, che pensa ad una società tutta basata sulle fonti energetiche rinnovabili.
Ma per realizzare questo obiettivo bisogna osservare, uno per uno, gli oggetti che usiamo, riconoscere come e perché hanno richiesto petrolio, e cercare delle soluzioni alternative. Non è un esercizio frivolo; se non ci liberiamo del petrolio e degli altri combustibili fossili, prima o poi finiamo tutti sott’acqua, travolti da tempeste e dall’aumento del livello dei mari per colpa di cambiamenti climatici, loro figli.
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