Il modo in cui ci si avvia alle elezioni a Roma è per molti versi disperante. Bevilacqua e Scandurra evidenziano nel loro intervento su il manifesto un paradosso non solo locale: si sviluppa una ricca riflessione sui problemi della città, esiste una diffusa rete di esperienze, pratiche e vertenze, eppure tutto questo non diventa proposta politica.

Ma quello stesso intervento è parte di un paradosso: si moltiplicano gli appelli per processi unitari e percorsi partecipativi, ma aumentano la frammentazione e la distanza tra pratiche sociali e proposte politiche.

Per non ritrovarci a recriminare su ciò che si sarebbe potuto fare e non si è fatto, serve uno sforzo per comprendere cosa rende impossibile ciò che pare ragionevole e provare a proporre un percorso innovativo nel merito e nel metodo. A sinistra emergono diffidenze reciproche, politicismo e frammentazione ma i nodi riguardano la politica, non solo un’atavica propensione alla litigiosità e ai personalismi (che pure pesano).

Si divaricano due posizioni ugualmente subalterne: chi assume il Pd come architrave per ogni coalizione possibile e chi misura ogni proposta dalla distanza da questo.

La coalizione di centrosinistra ha interrotto i tavoli programmatici con associazioni, comitati e cittadinanza attiva, in attesa che il Pd scelga una candidatura. Ciò mostra i limiti di un percorso subordinato alla disponibilità dei partiti ad accoglierne gli esiti e il limite di una candidatura che riproponga il perimetro del tradizionale “centrosinistra”.

Non basta un elenco di proposte con cui si arricchisce un programma: serve la scelta preliminare e discriminante di interessi, priorità e obiettivi. Serve una lettura della città e del suo declino, un giudizio sulle esperienze di governo di centrosinistra degli ultimi 20 anni: le scelte urbanistiche, il rapporto con la rendita, le distorsioni consociative, i modelli di partecipazione, la gestione di beni pubblici e servizi. Anche le sinistre sono parte di queste esperienze e anche a loro si chiede una rottura con le distorsioni del “modello Roma”.

Le ragioni della vittoria delle destre del 2008 e la reazione di rifiuto che ha portato Raggi a battere nel 2016 il candidato voluto dal Pd, Giachetti, con il 67% sembrano pigramente archiviati mentre dovrebbero essere posti a premessa di ogni proposta. L’intenzione di rilanciare sui territori l’alleanza nazionale con il M5 Stelle, non vede uno sforzo per sostanziarla nel merito e viene frettolosamente archiviata facendo leva sulla ricandidatura di Raggi.

Per dare gambe a quell’alleanza e cogliere gli elementi più avanzati dei diversi protagonisti e coniugare la questione ambientale e l’innovazione con il contrasto alle disuguaglianze, cogliere la critica a un modello di governo consociativo della città che preserva le rendite e ripensare forme di partecipazione attiva dei cittadini, l’accordo o la mediazione tra partiti si rivela insufficiente e poco credibile.

Servirebbe una proposta di “coalizione” capace di proporre un cambiamento nel modo di pensare il governo della città e il suo sviluppo e nella costruzione delle candidature. Le intelligenze e le esperienze cui Bevilacqua e Scandurra si riferiscono dovrebbero esserne protagoniste, perché rappresentano un riferimento per un governo innovativo della città e per una proposta credibile in grado di vincere. E invece restano sullo sfondo, anche prigioniere di una spinta all’autoconservazione.

Associazioni, reti, comitati, sindacati non possono subordinare la loro autonomia e pluralità interna a un’alleanza tra partiti. Possono invece essere titolari di una proposta civica di governo e di un percorso partecipativo aperto, con il contributo dei partiti. Un percorso con regole certe che garantiscano autonomia, trasparenza e coerenza.

Siamo ancora in tempo per tentare questa strada, ma è necessario che anche singole persone che rappresentano un punto di riferimento per la loro storia si facciano carico di promuovere un’iniziativa, aggregando risorse ed esperienze, come è avvenuto a Bologna e Padova. Su questa strada la sinistra potrà proporsi unita in una lista “coraggiosa”, parte di una coalizione larga, civica e capace di cambiamento, a Roma e non solo.