C’era molta attesa per Fly or Die Fly or Die Fly or Die ((wordl war)), terzo disco in studio, ne ha pubblicato anche uno dal vivo, della trombettista Jaimie Branch con il suo quartetto Fly or Die. La musicista infatti se n’è andata a soli trentanove anni nell’agosto dello scorso anno. Uccisa, riferiscono i soliti bene informati, dal Fentanyl, una droga che si calcola abbia già fatto più di duecentomila morti solo negli Stati uniti. Jiamie era un diamante grezzo, un concentrato di energia, vitalità e gioia uniti ad una lucidissima progettualità e competenza strumentale. Veniva dal rock e dal punk prima di approdare al jazz; e si sente. In questo disco mantiene la formazione del precedente: Lester St. Louis al violoncello (nel primo capitolo c’era Tomeka Reid), Jason Ajemian al contrabbasso e Chad Taylor alla batteria, più una serie di ospiti a rinforzare qua è là, tutti provenienti dalla fucina che gravita intorno alla sua etichetta, International Anthem, ovvero dove si va a cercare se si vuole ascoltare la musica più fresca ed eccitante del momento.Siamo già a livelli altissimi ma l’asticella è spostata ancora più in alto con il caraibico Baba Louie

LE REGISTRAZIONI sono state fatte durante una residenza artistica al Bemis Center for Contemporary Arts di Omaha, in Nebraska, tra il 25 e il 29 Aprile e mixate a fine luglio 2022; un mese dopo Jaimie non c’era più. Tutti brani originali ad esclusione della ripresa della ballata country-blues Comin’ Down dei The Meat Puppets. Si parte già ad alte temperature con le danzanti Aurora Rising e Borealis Dancing ma la prima botta arriva con l’arrembante Burning Grey sospinta dal violoncello su cui la leader innesta un cantato in stile punk. Siamo già a livelli altissimi ma l’asticella è spostata ancora più in alto con il caraibico Baba Louie, per il quale sono convocati tutti gli ospiti a donare trombone, flauto, percussioni e voci.
Il finale vira sul dub, irresistibilmente seducente. C’è spazio per evocare le fanfare di New Orleans, e per concedersi anche qualche colpo di timpani lasciati dall’orchestra sinfonica del Bemis Center, e un intenso duetto tra violoncello e tromba prima di essere catapultati nel selvaggio sabba punk-tribale di Take Over The World. Un pezzo che solo lei poteva fare. Canta molto in questo disco e canta bene. Frasi come questa: «datemi retta, anche solo per un momento, credetemi, il futuro vive dentro di noi, non dimenticate di lottare». Ci mancherai: combattente Jaimie Branch.