Per alcuni questa «è la fine delle Marche». Indesit, la pietra miliare dell’industria della regione al plurale, annuncia tagli brutali e delocalizzazioni. Un terzo dei dipendenti – per lo più operai – dovranno andare a casa nel giro di tre anni. Il grosso della produzione volerà verso la Polonia e la Turchia, mentre gli stabilimenti marchigiani e quello di Caserta verranno progressivamente sgonfiati. L’hanno chiamata «razionalizzazione» nel gelido comunicato che, insieme alla macelleria, annunciava «70 milioni di investimenti». In realtà, la grande assenza in tutta questa storia è proprio la razionalità, con la famiglia Merloni – reale proprietaria dell’intera Regione – che ha deciso di infliggere il colpo di grazia solo dopo le elezioni politiche, per dare il tempo alla «principessa» Maria Paola di farsi eleggere al Senato con la lista di Mario Monti.

L’età dell’oro dell’elettrodomestico «made in Marche» è finita da un pezzo e già da un paio d’anni la Indesit è considerata un’azienda in sofferenza, ma il colpo battuto con il Piano Italia è stato tremendo: 1.425 esuberi da qui al 2016. Lo scorso 7 maggio, quando fu approvato il bilancio, nulla faceva presagire che di lì a poco si sarebbe arrivati a tanto.
Il giorno dopo la calata della mannaia, gli operai e i colletti bianchi si sono riuniti negli stabilimenti e poi hanno deciso di partire in corteo verso la sede della multinazionale, a Fabriano. Al grido di «Lavoro! Lavoro!», in trecento sono entrati e si sono piazzati davanti agli uffici del piano terra chiedendo che, almeno una loro delegazione potesse salire per parlare alla dirigenza e «mostrare la propria contrarietà al piano industriale». Richiesta di accesso negata. Grida, lamenti. La polizia a trattare con i sindacalisti. I lavoratori non potranno salire, ma nemmeno andranno via.

Ad Albacina, il corteo è partito dopo un’assemblea tesissima, mentre davanti allo stabilimento di Melano l’istantanea del momento è tutta in due operai un po’ in là con gli anni che piangono silenziosamente. Si è fatto vivo anche Giancarlo Sagramola, il sindaco di Fabriano, arrivato per portare la sua solidarietà. «Sindaco – ha detto un lavoratore uscendo dall’impianto -, siamo in 500 in questa città. Lo capisce cosa vuol dire? Lo capisce?».

La richiesta di assemblea avanzata dai lavoratori, in realtà, era stata addirittura respinta dai papaveri dell’azienda: «Troppo poco preavviso», avevano detto. La risposta dei lavoratori è stata lo sciopero e l’occupazione del piano terra del quartier generale della multinazionale.

Intanto, il governatore regionale Gian Mario Spacca – ex dipendente Merloni anche lui – ha inviato un telegramma al presidente e amministratore delegato della Indesit, Marco Milani, per chiedere «un incontro urgentissimo» sul Piano Italia. Nell’altra fabbrica marchigiana, a Comunanza (Ascoli), stanno ancora decidendo il da farsi: nella tarda mattinata di oggi è prevista un’assemblea dei lavoratori durante la quale saranno stabilite le coordinate della protesta che verrà.