Colpi di scenetta. Il quasi accordo finisce contro il muro
Sfumata nera Di Maio apre all’appoggio esterno di Forza Italia, ma Berlusconi non ci sta. Mossa disperata di Salvini: «Allora scendo in campo io». Ma il Quirinale non intende dare un incarico pieno senza garanzie sui numeri in parlamento
Sfumata nera Di Maio apre all’appoggio esterno di Forza Italia, ma Berlusconi non ci sta. Mossa disperata di Salvini: «Allora scendo in campo io». Ma il Quirinale non intende dare un incarico pieno senza garanzie sui numeri in parlamento
Alla fine di una giornata in cui la politica italiana ha viaggiato sulle montagne russe arriva l’ultimo colpo di scena. Matteo Salvini «si mette in gioco». Chiede un incarico pieno, non un mandato esplorativo, per formare il governo: «O M5S si siede a un tavolo con tutto il centrodestra oppure mi metto in campo io. Non ho più voglia di perdere tempo e ho il dubbio che ci sia qualcuno che tifa perché il governo non si faccia per inventarsi l’ennesimo governo tecnico che spenna gli italiani».
E’ UNA MOSSA UN PO’ disperata e non a caso arriva dopo che per tutto il giorno il leader del Carroccio aveva tentato una impossibile mediazione, arrivando addirittura ad annunciarne pubblicamente il successo. Ma è una mossa destinata quasi certamente a cadere nel vuoto. Il Quirinale non ha alcuna intenzione di dare un incarico pieno a scatola chiusa, senza garanzie di avere a disposizione una maggioranza. Il senso della giornata per il Colle è chiaro: si è confermato che la strada della maggioranza centrodestra-M5S è chiusa, anche se, qualora la presidente Casellati chiedesse di proseguire la sua esplorazione per qualche altro giorno, probabilmente il capo dello Stato non si opporrebbe.
EPPURE PER ORE, ieri, è sembrato che la situazione fosse vicina a sbloccarsi. Il primo colpo di scena lo si deve sempre al capo del Carroccio. Quando con tutta la delegazione unita del centrodestra esce dal colloquio con l’esploratrice Elisabetta Casellati assicura che di lì a poco ci saranno novità importanti e lieti eventi: «Ieri ci prendevamo a sganassoni, oggi sorridiamo e questo vuol dire che metà del lavoro è fatto. L’altra metà la settimana prossima». Di più non dice. Per sciogliere l’enigma bisogna aspettare che di fronte a quei microfoni ci sia Luigi Di Maio.
Al fianco di Salvini, Berlusconi resta muto, e a modo suo è anche questo un colpo di scena, il segnale che forse qualcosa si sta muovendo davvero. In realtà Salvini, dopo una lunga telefonata mattutina con Di Maio, non ha detto molto neppure agli alleati. Si è limitato a preannunciare «un’aperturona». Berlusconi ci crede poco ma regge il gioco e tace.
Mentre si aspetta che la delegazione a cinque stelle raggiunga, con un’ora tonda di ritardo, palazzo Giustiniani, circolano le ipotesi più strampalate, tutte con un punto in comune che dovrebbe cementare l’accordo: la disponibilità di Fi e di FdI a limitarsi all’appoggio esterno, votando per il governo senza chiedere in cambio ministeri. La voce è tanto impetuosa che senza attendere il fatidico annuncio del leader dei 5S il partito azzurro fa sapere che di appoggio esterno proprio non se ne parla.
Invece proprio questo è il massimo che Di Maio sia disposto ad accettare: prendere i voti azzurri e di FdI senza respingerli, di più non gli si può chiedere: «Siamo il Movimento 5 Stelle, non possiamo sederci a contrattare ministri con tre partiti. Siamo disponibili a considerare non ostile un sostegno di Forza Italia e Fdi, ma oltre non si può andare. Il contratto è a due». Fi non perde un attimo nel rispondere a muso duro: «Il supplemento di veto dimostra, al di là di ogni ragionevole dubbio, il rifiuto di formare un governo». Pochi minuti e arriva la conferma di Salvini: «Il governo si fa con tutto il centrodestra».
DOVREBBE ESSERE ANCHE ufficialmente un fragoroso game over. Ma allora perché Di Maio assicura che «nulla è perduto» e promette di lavorare ancora per quel governo impossibile? Perché Salvini reclama un improbabilissimo incarico? Perché entrambi hanno bombardato il Quirinale di messaggi opposti ma tutti rassicuranti e tutti falsi, Salvini annunciando la disponibilità di M5S a sedersi al tavolo con il reprobo Berlusconi, Di Maio garantendo l’imminente passo di indietro del medesimo Cavaliere? La risposta è semplice: per paura. Entrambi sentono che Mattarella sta silenziosamente tessendo una tela che porterà forse a un governo politico M5S-Pd.LeU, più probabilmente a un governo del presidente sostenuto dalla stessa maggioranza. Salvini vuole governare ma è pronto ad affrontare le elezioni: non un governo del presidente che per definizione non si sa mai quanto durerà, quali che siano gli impegni iniziali. Di Maio sa perfettamente che la vittima sacrificale da immolare per consentire la nascita di quel governo sarebbe proprio lui. Entrambi hanno bisogno di tempo. Entrambi devono provare in qualsiasi modo a ostacolare quella possibile situazione. Entrambi, per questo, devono fingere che ci sia nell’altro una disponibilità inesistente. O forse illudersi che ci sia davvero.
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