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Cocteau Twins, magia eterea

Cocteau Twins, magia etereaIn primo piano Elizabeth Fraser durante un concerto dei Cocteau Twins (foto Patrick Ford/Redferns)

Tracce/Ristampati gli ultimi due album della band scozzese, anticipatori della scena dream pop Tra i gruppi di punta della 4AD, sono stati l’emblema di un post punk dai tratti onirici. Uno stile caratterizzato dalla voce cristallina di Elizabeth Fraser e dalle chitarre spettrali di Robin Guthrie. Indimenticabile la cover di «Song to the Siren»

Pubblicato 9 mesi faEdizione del 10 febbraio 2024

Questa storia inizia così, con un ragazzo e una ragazza in una discoteca di Grangemouth, una piccola località in Scozia a metà strada tra Edimburgo e Glasgow. Lui si chiama Robin Guthrie, suona la chitarra e fa il dj, solo che la sua selezione è a base di Birthday Party e Pop Group, quindi nessuno balla. A parte lei, Elizabeth Fraser, una fanciullina con la passione per il punk: collant a rete, minigonna di pelle, testa rasata e una timidezza fuori dall’ordinario. Una di quelle sere, nelle grigie brume portuali scozzesi, la fanciullina punk rocker e il giovane musicista iniziano a frequentarsi e decidono di suonare assieme, lei alla voce e lui alla chitarra, supportati da Will Heggie al basso. Troppo giovani per aver vissuto pienamente la prima scena punk, i ragazzi sono però assolutamente coscienti della portata rivoluzionaria di quel suono, di quelle chitarre sberciate che la classe operaia imbracciava a volumi scandalosi. E infatti i Cocteau Twins, il nome che il trio mutua da un brano dei proto Simple Minds, nelle prime registrazioni erano decisamente rumorosi, interpreti completamente nuovi di un’estetica che nei decenni successivi aprirà la strada a decine di altre band di varia estrazione. La dimostrazione più lampante è quanto suoni varia ed elaborata la loro discografia dopo oltre 40 anni, per una formazione che nel 1982 pubblicava il primo album Garlands nella maniera più classica e allo stesso tempo magica possibile: attraverso una cassetta demo consegnata al boss di una label fondata pochi anni prima, la 4AD.

L’INCONTRO
La storia della musica è ovviamente costellata di grandi incontri, e quello fra i Cocteau Twins e Ivo Watts-Russell (il boss della label) è sicuramente fra questi. Affiancato da Peter Kent, Ivo contribuirà in maniera fondamentale non solo allo sviluppo di un’etichetta centrale per il futuro della musica underground, ma anche alla creazione di una vera e propria estetica sonora e crossmediale. Partiti dallo staff londinese della catena di vendita di dischi Beggars Banquet, Watts-Russell e Kent si mettono in proprio dopo poco tempo e fondano la Axis Records, appellativo che resterà in piedi per poco a causa di un problema di omonimia. La scelta del nome definitivo sarà già il primo segno di indipendenza e purezza di pensiero per la 4AD, scelto da Ivo perché «ciò che mi è piaciuto di 4AD è che non significava nulla. Nessuna ideologia, nessuna polemica, nessun atteggiamento. In altre parole, solo musica». L’intenzione iniziale era quella di scoprire nuovi talenti che alimentassero proprio le fila della più grande Beggars Banquet (che da subito contribuisce con un fondo iniziale di duemila sterline), ma nel giro di poche pubblicazioni è già chiaro che la 4AD può ambire a una sua piena autonomia gestionale e artistica. I Bauhaus sono fra i primi ad essere pubblicati, assieme a Modern English e Birthday Party. Più che semplici release, si trattava di un attacco frontale alle estetiche new wave punk noise. Negli stessi giorni Robin Guthrie ed Elizabeth Fraser affidano la cassetta delle loro demo a un altro ragazzo, Simon Raymonde, affinché lui la consegni nelle mani di Ivo Watts-Russell. Questo momento cambierà le vite di tutti e quattro, non solo perché la 4AD deciderà immediatamente di investire sui Cocteau Twins, ma perché proprio Raymonde nel 1983 entrerà nella band in sostituzione del già dimissionario Heggie.

PENSIERO DIY
Di tutte le incredibili band che pubblicheranno dischi con impresso il marchio 4AD, i Cocteau Twins restano, per molteplici ragioni, decisivi. Il pensiero del do it yourself consente loro di sentirsi assolutamente liberi nel modo di organizzare il proprio sound, decidendo di includere una drum machine a spingere in maniera incessante sulle ritmiche dei brani, incalzata da un basso che proprio nei primi album risulterà fondamentale. Eppure, se i Cocteau Twins sono diventati l’emblema del suono etereo e di un post punk dai tratti altamente onirici, è indubbiamente per merito delle chitarre di Guthrie e della voce di Fraser. Fin dal debutto con Garlands la formazione incrocia un’impronta cupa dark wave con una levità vocale drammaticamente celestiale. Da principio il disco non trova particolare interesse nella stampa di settore, ma è in primis John Peel della Bbc a lanciare in radio i ragazzi e a contribuire alla loro ascesa dal sotterraneo. Mentre la 4AD dà spazio a nuove esaltanti realtà come Dead Can Dance, The Wolfgang Press e Clan of Xymox, sono ancora i Cocteau Twins a rappresentare per molti aspetti l’idea di un suono assolutamente inedito. La prima metà degli anni Ottanta passa con l’uscita di altri due album praticamente perfetti come Head Over Heels (1983) e Treasure (1984), oltre che con una manciata di ep irrinunciabili in cui la band esplora nuove derive. Il suono si evolve, in alcuni casi verso una forma sonora rococò, asimmetrica ma anche elegante e – soprattutto – dinamica, in altri più ragionata verso un ripensamento della melodia e della forma canzone. Brani come Lorelei o Sugar Hiccup mostrano in maniera emblematica come una sezione ritmica sempre folgorante e ispirata si unisca a una voce cristallina e a chitarre che letteralmente esplodono.
Sempre in quegli anni Ivo resta fedele a un’idea di label in cui l’etica punk incontri l’arte, a prescindere dal guadagno commerciale. Un esempio sono le differenze di vedute artistiche che hanno riguardato Pump up the Volume, brano house firmato dai M|A|R|R|S e distribuito in modo indipendente, che inaspettatamente raggiunge la vetta delle classifiche. Dietro l’acronimo si celavano gli elettronici Colourbox e il dream pop di AR Kane, ma nulla fu mai registrato dopo questo exploit a causa delle frizioni fra gli artisti e la 4AD. L’idea di un supergruppo formato da band della label era però nell’aria e Ivo Watts-Russell puntò sui This Mortal Coil per realizzare tre album, in cui fece convergere Dead Can Dance, Kim Deal delle Breeders, Gordon Sharp dei Cindytalk, Tanya Donelly dei Throwing Muses, Mark Cox dei Wolfgang Press e naturalmente Raymonde, Fraser e Guthrie dei Cocteau Twins. Accanto a brani come Tarantula, Drugs e Come Here My Love, che hanno attraversato gli anni fissando uno standard crepuscolare nel dark wave del periodo, sono proprio i tre scozzesi a fare la parte da gigante con le loro interpretazioni memorabili. A partire dall’ineffabile cover di Song to the Siren, capace perfino di surclassare l’originale di Tim Buckley grazie a un incredibile connubio d’amore fra le chitarre spettrali di Robin e la voce divina di Liz. Uno struggimento che da allora ha suggestionato registi e musicisti per le loro opere, doppiata dal brano Crushed che la band inserì in un’altra operazione di identità creativa, la compilation-manifesto della 4AD Lonely Is an Eyesore.

ESPLORAZIONI
La seconda metà degli anni Ottanta segna per i Cocteau Twins una progressiva esplorazione delle atmosfere ambient, dove la sottrazione di ritmiche accelerate volge il suono verso una rilassatezza e una grazia quasi d’altri tempi. È qui che la dimensione dream prende decisamente piede, aprendo la strada a un’appassionata collaborazione col compositore minimalista Harold Budd, con cui soprattutto Robin Guthrie svilupperà altri progetti anche da solista. E se Blue Bell Knoll (1988) rappresenterà un’incursione spavalda nell’indie pop più sofisticato e artistico, sarà il successivo Heaven or Las Vegas (1990) a segnare l’esplosione accecante del suono Cocteau Twins. Assieme a un decennio, a concludersi sarà anche la partnership professionale ed emotiva con la 4AD. I motivi della separazione restano abbastanza nebulosi, ma proprio Robin Guthrie ha spiegato che il punto forte della 4AD era scoprire band e lanciarle. Il nuovo percorso dei Cocteau Twins era fuori fuoco per Ivo, la cui fedeltà alla linea editoriale lo aveva portato alla riscoperta del folk classico e slowcore (Heidi Berry e Red House Painters su tutti). Con l’attenzione di Watts-Russell rivolta agli States e l’ufficio di Londra concentrato nella svolta dance di GusGus, Thievery Corporation e Cuba, la 4AD lentamente perde parte della sua identità ma comincia un percorso di ripensamento che porterà alla pubblicazione di altre band memorabili. Dai TV On The Radio a Grimes, dai National ai Future Island, dai Daughter ai Purity Ring, lo spettro sonoro della label si amplia e Ivo Watts-Russell comincerà un lento allontanamento dalla sua creatura, che culminerà nel 1999 con la firma dell’ultimo contratto con la 4AD. La disillusione verso l’industria musicale lo spinsero a vendere la sua quota della label e rifugiarsi nel deserto del New Mexico, per dedicarsi all’arte e all’editoria fotografica.

VERSO IL FINALE
La separazione fra Cocteau Twins e 4AD avvenne dunque in un vortice di liti personali e finanziarie, che portarono la band a inserirsi nel catalogo della storica Fontana Records, sussidiaria della major Mercury. Ma gli anni Novanta si riveleranno particolarmente complessi per la formazione scozzese e mentre Simon Raymonde inizierà un suo articolato percorso musicale e professionale, la relazione personale fra Elizabeth Fraser e Robin Guthrie si andrà velocemente compromettendo. Le cause riguarderanno non solo le pressioni artistiche e genitoriali – dato che nel 1989 era nata la figlia Lucy Belle – ma soprattutto la dipendenza di Robin dalla cocaina. La separazione fra il chitarrista a la cantante, avvenuta nel 1993, non segnerà però la fine per la band, che invece intraprenderà un ulteriore cambio di registro sonoro con due ultimi album e numerose uscite fra singoli ed ep. Four Calendar Cafè (1993) e Milk & Kisses (1996) arrivano come un meteorite, creando uno schianto per i fan dei Cocteau Twins, che per anni rinnegheranno l’ultimo periodo di attività del trio. L’accusa è di essersi ammansiti, di aver ceduto alle lusinghe del commerciale, di aver reso le loro composizioni più semplici, comprensibili, zuccherine, melense.
In realtà il piglio avventuroso e creativo che i Cocteau Twins svilupperanno fino al 1997 – l’anno del definitivo scioglimento – sarà fuori dal comune, pareggiato solo dall’assoluta sincerità e apertura spirituale di cui si farà carico in special modo Elizabeth Fraser. Mentre Guthrie entra in riabilitazione e affronta i suoi demoni, la cantante mette a nudo la propria condizione di fragilità e inquietudine, in parte documentata anche dalle interviste del periodo. Due brani, su tutti, raccontano le ombre e le speranze dell’artista: Bluebeard, in cui gli interrogativi sulla possibile tossicità di una relazione è stata spesso accostata alla storia sentimentale con Robin, e Rilkean Heart, una serena ballata ipnagogica dedicata al cantautore Jeff Buckley, col quale Liz aveva stretto un’importante relazione. Ci vorranno quasi 20 anni perché questo nuovo corso venga pienamente compreso e apprezzato, dapprima con la raccolta del 2018 Treasure Hiding: The Fontana Years e poi con la ristampa dei due ultimi album a inizio 2024, completamente curata proprio dai Cocteau Twins. Gli anni conclusivi di produzione della band restano inaspettati e allo stesso tempo avvincenti, capaci di spaziare dall’esplorazione digitale di Otherness all’inebriante semplicità acustica di Twinlights (entrambi ep usciti nel 1995).
Lo split definitivo della band avviene nel 1997, mentre era in corso la preparazione dei nuovi brani, ma nel frattempo Raymonde e Guthrie avevano già avviato sia le rispettive carriere soliste che l’etichetta discografica Bella Union. Quest’ultima diverrà sempre più centrale nella storia musicale britannica ed è ora in mano al solo Simon, che ha anche ottimi riscontri come produttore e col progetto musicale Lost Horizons. Il banco di produzione è diventato fondamentale anche per Robin, che nel frattempo ha provato nuove partnership vocali per il seguito della sua carriera artistica. Solo Liz, dopo numerose collaborazioni estemporanee, ha sostenuto un silenzio quasi totale nella carriera solista. Il suo ritorno è avvenuto nel 2022, con l’ep Sun’s Signature realizzato assieme all’attuale partner Damon Reece (già negli Spiritualized). Nel frattempo i Cocteau sono diventati oggetto di culto transgenerazionale, insigniti anche dell’Inspiration Award dalla rivista Q e del Visionary Award della Ivors Academy. Solo Elizabeth Fraser, però, ha avuto un’onorificenza più unica che rara: l’anno scorso l’International Astronomical Union ha deciso di assegnare il suo nome a un asteroide scoperto dieci anni prima. L’oggetto celeste potrebbe entrare in collisione con la Terra fra milioni di anni. Liz l’ha già fatto all’inizio degli anni Ottanta e l’impatto è stato deflagrante.

FUORI I DISCHI
Così influente da imprimersi nella cultura britannica e internazionale degli ultimi 44 anni, la 4AD è una fra le etichette discografiche che meglio ha rappresentato il concetto di musica alternativa. Fondata nel 1980 da Ivo Watts-Russell e Peter Kent, la label ha cercato di lavorare con i pionieri del nuovo suono indie, creando un’estetica unica e perfettamente riconoscibile. Merito non solo delle tantissime band che ha letteralmente scoperto e lanciato sul mercato, ma anche del packaging affidato allo studio di design 23 Envelope di Vaughan Oliver. Al motto di «suggerire è creare; descrivere è distruggere», l’artista ha creato delle copertine che hanno reso collezionabili i dischi 4AD alla stregua di opere d’arte, segnando anche visivamente la storia della musica. L’evoluzione dell’etichetta può essere divisa in due tempi, uno legato ai gruppi storici e l’altro alle band più contemporanee. È ai primi che dedichiamo questa guida all’ascolto, composta anche da artisti che hanno collaborato a stretto contatto con i Cocteau Twins fin dalla nascita della band.
Bauhaus, In the Flat Field (1980)
Il capolavoro del dark goth, nonché il capostipite discografico che ha definito un’intera generazione musicale. Un inno oscuro che introduce l’ascoltatore nel mondo surreale e inquietante della band, con la voce profonda e magnetica di Peter Murphy a fare da guida fra le chitarre taglienti di Daniel Ash. Un viaggio psichedelico e vibrante per una pietra miliare del rock.
The Birthday Party, Prayers on Fire (1981)
L’essenza del post punk si mescola al caos compositivo, alla batteria rutilante, al cantato esasperato e al turbinio di suoni sperimentali. Disperazione e desiderio, decadimento e alienazione sono al centro di questo progetto creato da Nick Cave nella Melbourne di fine anni Settanta, antesignano di un suono ferocemente primitivo che ritroveremo nei Bad Seeds e nei Grinderman. Visionario.
The Wolfgang Press, The Burden of Mules (1983)
Un suono crudo e a tratti glaciale, con una sezione ritmica ossessiva, pulsante, e un cantato dissacrante, urlato. Gli inglesi Wolfgang Press oltrepassano i confini dell’indie rock per immergersi in territori oscuri e complessi, dove energia e tensione emotiva si fondono nelle melodie sognanti recitate da Michael Allen. Un brillante affronto alle convenzioni rock.
This Mortal Coil, It’ll End in Tears (1984)
Il supergruppo della 4AD ha impresso il proprio nome nella storia del dark e del dream pop, specialmente con questo primo album nato dalla spinta creativa di una label nel pieno del suo lancio internazionale. Romantico e decadente, complesso ed estatico, il disco è un’istantanea del suono della label nei primi anni Ottanta, sorretto da un impareggiabile brano come Song to the Siren, destinato a entrare nella leggenda.
Dead Can Dance, Spleen and Ideal (1985)
Capolavoro neoclassico dalle potenti influenze goth, Spleen and Ideal è il disco dell’ascesa. Nove tracce in cui l’affettazione dark si scioglie attraverso la voce ieratica di Lisa Gerrard, ammaliatrice in grado di evocare mondi antichi saturi di sacralità e contemplazione. Il tutto si poggia su percussioni etniche e melodie eteree, che spesso hanno creato forti parallelismi rispetto alla prima produzione dei Cocteau Twins.
Throwing Muses, House Tornado (1986)
Perfetto esempio di alternative rock degli anni Ottanta, House Tornado è solcato da un’energia elettrica che pervade tutta la discografia della band. Kristin Hersh e la sorellastra Tanya Donelly sbaragliano la concorrenza rock grazie a undici brani di agitazione frenetica e malinconia serpeggiante, creando un classico che non teme il passare del tempo.
Pixies, Doolittle (1989)
Il suono alternativo degli anni Novanta non sarebbe mai stato lo stesso senza la pubblicazione di Doolittle. Per la band di Boston si tratta di un album esplosivo, liberatorio e audace, ma soprattutto colmo di idee che si espanderanno come radici nel nuovo sottobosco del rock underground. Sorretto da una produzione essenziale e meno spigolosa dell’esordio Surfer Rosa, il disco raccoglie una serie di capolavori, ma basterebbe la sola Debaser per comprenderne la cifra stilistica.
Cocteau Twins, Heaven or Las Vegas (1990)
Il disco della transizione, non solo l’ultimo pubblicato con la 4AD, ma anche l’esplosione dei tratti distintivi della band. Un album gioioso (nonostante le tensioni che ormai serpeggiano nella band) e di accecante bellezza melodica, in cui le chitarre si saturano, il basso detta elegantemente la linea ritmica e la voce di Fraser si espande senza limiti verso la definitiva cristallizzazione del dream pop. Pura eufonia.
Lush, Spooky (1992)
Deriva shoegaze del suono dream in stile Cocteau, Spooky segna la consacrazione dei Lush nella costruzione di muri di chitarre e saturazioni noise. Se l’anno prima non fosse uscito Loveless dei My Bloody Valentine, oggi questo disco sarebbe annoverato fra le pietre miliari del genere, merito di melodie dolci e malinconiche scandite dalle voci eteree di Miki Berenyi e Emma Anderson.
Red House Painters, Down Colorful Hill (1992)
Il punto di inizio della carriera dei Red House Painters, ma soprattutto una pietra miliare dello slowcore che troverà ampio spazio e successo nella seconda metà degli anni Novanta. Le chitarre di Mark Kozelek si intrecciano con la sua voce dolente e malinconica, meravigliosamente romantica, esplorando temi di perdita, isolamento e speranza. Un disco che colpisce direttamente al cuore.

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