Visioni

Cocktail di movimenti shakerati nella danza

Cocktail di movimenti shakerati nella danzaCoreografia da «Bermudas Tequila Sunrise» – foto di Andrea Macchia

A teatro Una nuova intrigante coreografia di Michele Di Stefano presentata a Bolzano Danza

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 28 luglio 2018

Una luce arancione, calda, gioca a stemperarsi di tono per riaccendersi e ospitare nel suo grembo gioioso la danza. Colora in baldanza la grande scena del Teatro Comunale di Bolzano per la prima assoluta al Festival Bolzano Danza di Bermudas_Tequila Sunrise, spettacolo firmato da uno degli artisti più luminosi della danza italiana attuale: Michele Di Stefano.

Leone d’Argento della Biennale di Venezia 2014 diretta da Virgilio Sieni – premio a dir poco azzeccato -, curator della sezione Outdoor 2018 dello stesso festival altoatesino diretto da Emanuele Masi, il salernitano Di Stefano con il suo collettivo MK è uno sperimentatore solare, scientifico eppure leggero (ed è dote rara), capace di lasciare correre il pensiero nei corpi dando coinvolgente visione alle sue perspicaci divagazioni.

Nei suoi lavori  vibra lo spirito dei viaggiatori, curiosi del nuovo, mai ignari del passato.
Bermudas_Tequila Sunrise ci proietta in un’atmosfera tropicale, un sapore che, sarà anche per la strizzata d’occhio al cocktail del titolo, si espande allegramente dalla scena, una texture dello spazio shakerata dalla danza. A dare il via al pezzo è Marta Ciappina, capelli sciolti, abitino nero, calzettoni verdi, un vortice di movimento con braccia e gambe che toccano per slanci in rotazione lo spazio periferico alla danza. A lei si aggiungono, per entrate singole o di gruppo, gli altri, in tutto sono dieci, c’è anche Biagio Caravano, compagno di strada di MK dalla fondazione, performer e musicista. Bermudas è un progetto modulabile che può avere come interpreti da tre a tredici danzatori.

È un sistema coreografico che si basa su alcuni semplici movimenti, sviluppati per variazioni sempre più complesse per i 45 minuti dello spettacolo. Un moto perpetuo fatto di giri a braccia aperte, di slanci in torsione centrifuga, di fughe orizzontali nello spazio, di movimenti frontali al pubblico in linea verticale, e ancora in tondo. La musica di Kaytlin Aurelia Smith, Juan Atkins/Moritz Von Oswald, Underworld travolge come la danza in un flusso in cui l’incalzare del moto ridà luce al fascino del minimalismo.

Ed è così che mentre i dieci ruotano, camminano, si intrecciano con un virtuosismo non tecnicistico e contemporaneo, la mente va a Dance di Lucinda Childs e Philip Glass, un cult del postmodern con quella scioltezza democratica dello stare in scena, con quel variare il cammino all’infinito. Con Bermudas Di Stefano ha fatto il suo Dance, un pezzo di oggi in cui si sente la mano di un coreografo.

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