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Coalizioni in pezzi, Letta scommette contro il Rosatellum

Coalizioni in pezzi, Letta scommette contro il RosatellumIl segretario del Pd Enrico Letta in aula alla camera

Mattarella bis Il segretario del Pd cambia la sua puntata e adesso dice che bisogna cambiare l'attuale legge elettorale «la peggiore. Sì al proporzionale di M5s, Leu e centristi, i partiti dell'ex centrodestra si studiano. Ma sarà difficile per tutti rinunciare alle liste bloccate»

Pubblicato quasi 3 anni faEdizione del 31 gennaio 2022

Adesso Enrico Letta vuole «eliminare il Rosatellum, la peggiore legge elettorale che c’è mai stata». Lo aveva detto sabato pomeriggio alla camera, quando ormai era fatta per la rielezione di Sergio Mattarella al Quirinale, e lo ha ripetuto ieri in tv. È una novità. Il segretario del Pd, infatti, aveva sempre considerato prematuro affrontare l’argomento, durante tutto l’ultimo anno, fino che novembre scorso aveva concluso che non c’era più tempo. A quel punto aveva detto: «Scommetto che rimane l’attuale legge elettorale». E invece no. Il modo in cui si è giunti alla rielezione di Mattarella, secondo Letta, cambia il quadro anche sulla legge elettorale. Quanto meno per tornare a parlarne.

Una legge elettorale si cambia nel momento in cui c’è una maggioranza che ha convenienza a cambiarla. Quel momento è sempre prossimo alla fine della legislatura, perché altrimenti le maggioranze, e le convenienze, possono mutare. Dunque ci siamo. Ci sono le condizioni per riprendere in mano la proposta di legge elettorale proporzionale a turno unico e con soglia di sbarramento al 5% firmata dal presidente grillino della prima commissione, il deputato Brescia. Proposta che al tempo del governo giallo-rosso aveva messo d’accordo Pd, M5S, Leu e renziani, ma era stata poi rinnegata e abbandonata.

Era quella la formula più ortodossa di sistema proporzionale, non a caso pensata per riequilibrare (un po’) la (tanta) rappresentatività del sistema elettorale che andrà persa per via del taglio dei parlamentari. Ma non è l’unica formula e nell’ultimo anno e mezzo di stasi su questo fronte erano state avanzate proposte ibride, come un proporzionale con doppio turno e premio di maggioranza che però somiglia assai all’Italicum, la legge voluta da Renzi nel 2015 e dichiarata incostituzionale prima di poter essere mai utilizzata. Le formule maggioritarie fino a l’altro ieri continuavano a essere preferite dai partiti di centrodestra e, da quando a guidarlo c’è Letta, anche dal Pd.

Dopo l’elezione di Mattarella il quadro è cambiato. Le coalizioni sono nel momento di massima difficoltà. Se quella, assai artificiosa, del “centrosinistra” centrata su Pd e M5S in parte regge (se sta in piedi il Movimento), la coalizione di centrodestra è andata in pezzi. Inoltre un terzo, o quarto, polo centrista (i partiti che hanno provato a portare al Quirinale Casini) è in evidente via di formazione. Da qui la ripresa di attenzione per il proporzionale, il sistema migliore in condizioni di quadro politico frammentato perché consente ai partiti di definirsi, misurarsi e cercare le alleanze in parlamento. Cosa, quest’ultima, che peraltro è avvenuta durante tutta la legislatura che infatti ha già visto tre maggioranze diverse.

La mossa di Letta trova interlocutori attenti tra i centristi, la contrarietà di maniera di Forza Italia (Tajani: «Non è una priorità») e la contrarietà solo tattica della Lega. È chiaro che i partiti del centrodestra devono prima capire cosa ne sarà della loro coalizione, se davvero è finita, come ha sostanzialmente annunciato ieri Meloni, o non ancora. Favorevole Leu: «Si riparta dal testo Brescia e si affrontino i nodi ancora aperti, a cominciare dalle soglie di sbarramento e dalle modalità di scelta degli eletti», dice il capogruppo Fornaro. Anche per un altro esperto di sistemi elettorali, il presidente della prima commissione del senato, il Pd Parrini, «il paese ha urgente bisogno di un sistema proporzionale con sbarramento alto accompagnato da meccanismi che diano più voce ai cittadini nella selezione degli eletti».

Un nodo è proprio quello delle liste bloccate, non averlo sciolto è tra le ragioni del lungo stallo sulla riforma. L’altro nodo è quello dell’altezza della soglia di sbarramento (i partiti più grandi vogliono lasciarla al 5%, gli altri abbassarla al 3%). È chiaro che nella retorica di tutte le forze politiche le liste bloccate rappresentano il male assoluto. In concreto però sono anche la ragione per cui i capi partito non le hanno mai toccate e le considerano assai utili, a maggior ragione adesso che si potranno eleggere delegazioni parlamentari assai ridotte. Le liste bloccate sono un po’ la polizza di assicurazione del Rosatellum, indubbiamente «la peggiore legge elettorale», sul destino della quale rischia però di avverarsi la vecchia scommessa di Letta. O la previsione di ieri del deputato che se la intestò, il renziano Rosato: «Con questo parlamento così conflittuale sarà difficile cambiarla».

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