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Cnf: l’economia prevale sul diritto

Nonostante 17 interventi legislativi (non sistematici) sul codice di procedura civile, i tempi del processo sono aumentati dai 5,7 anni del 2005 ai 7,4 del 2011. E nel contempo il […]

Pubblicato quasi 11 anni faEdizione del 6 febbraio 2014

Nonostante 17 interventi legislativi (non sistematici) sul codice di procedura civile, i tempi del processo sono aumentati dai 5,7 anni del 2005 ai 7,4 del 2011. E nel contempo il costo di accesso per il cittadino è moltiplicato del 55% nel primo grado di giudizio, del 119% in appello e del 182% in cassazione. Cause molto più lunghe e giustizia molto più cara. Da qui parte la riflessione di Andrea Mascherin, consigliere segretario del Cnf, organismo istituzionale dell’avvocatura: «Abbiamo di fronte un problema culturale, ovvero la prevaricazione dell’economia sul diritto, essendo passati da una società solidale a una società  basata unicamente sul mercato. La giustizia non è più un diritto assoluto, come dovrebbero esserlo anche la sanità e l’istruzione, ma sta diventando una giustizia di censo. Ogni volta gli interventi legislativi vengono argomentati con la necessità di attrarre investitori esteri ma nei fatti i rimedi scelti creano ostacoli all’accesso».

Un nuovo codice deontologico di freschissima approvazione, l’avvocatura lamenta innanzitutto di essere esclusa dai tavoli decisionali. La prima proposta suggerita diventa dunque quella di inserire 5 avvocati nell’ufficio legislativo del ministero. Un intervento a costo zero, come molte altre misure. «Siamo a favore del potenziamento degli strumenti alternativi che risultino seriamente deflattivi», insiste Mascherin. Strumenti che aiutino a risolvere i conflitti di diritti, mentre la mediazione obbligatoria aiuta semmai a risolvere i conflitti di interessi («fate la pace», risulta la filosofia sottesa all’azione del mediatore, a prescindere dal riconoscimento o meno di un diritto leso).

Ecco allora che la proposta di legge presentata da Laura Venittelli (Pd) a Montecitorio sulla negoziazione assistita e sulle camere arbitrali, trova l’accordo del Cnf: «A differenza della mediazione-conciliazione queste sono procedure libere. L’arbitrato prevede poi una procedura molto precisa con una decisione finale, il cosiddetto lodo».

La negoziazione è una procedura partecipativa in cui le parti assistite da un legale, non avendo ancora attivato né il giudizio né l’arbitrato, decidono di risolvere il conflitto in via amichevole. Mentre le camere arbitrali sono inserite nella riforma forense (247/2012) e in attesa di regolamentazione da parte del ministero. Il Cnf sta quindi spingendo per avere al più presto le norme operative, data la disponibilità degli avvocati: «Oltretutto, la camera arbitrale ha tempi e costi certi per chi vi ricorre».

Ora, proprio questa disponibilità a esporsi e proporsi in prima persona è il fatto decisivo. Non accettarla, da parte degli altri operatori della giustizia e del legislatore, sarebbe un delitto.

Ad esempio, pescando tra le fila degli attuali 260 mila iscritti agli ordini,  si potrebbero mettere al lavoro i circa 15 mila avvocati che il Cnf sostiene potersi distaccare, a costo zero per il paese, e redigere sentenze di cause arretrate: «Se ognuno di loro scrivesse una ventina di sentenze l’anno, in tre anni si smaltirebbero un milione di cause arretrate», dice Mascherin. Naturalmente, a fronte di un pacchetto giustizia davvero serio.

Infine, la tecnologia. Il prossimo 30 giugno, il processo civile telematico sarà obbligatorio in tutta Italia per depositare decreti ingiuntivi, scambiare memorie fra avvocati, depositare atti nelle procedure esecutive e fallimentari. A questo proposito, la scorsa settimana il Cnf ha organizzato il primo incontro con gli ordini professionali del mezzogiorno, l’area del paese dove il telematico è arrivato poco se non affatto.

Dunque, l’avvocatura si muove con ottimi propositi. E il primo, ovvero il controllo degli iscritti alle facoltà di giurisprudenza? «Favorevoli a discuterne».

 

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