Claudio Lolli e il male moderno
Note sparse Si intitola «Il grande freddo» il disco che otto anni dopo ripropone il grande autore, che ora sente la necessità di raccontare l'individualismo del secondo millennio
Note sparse Si intitola «Il grande freddo» il disco che otto anni dopo ripropone il grande autore, che ora sente la necessità di raccontare l'individualismo del secondo millennio
Il poeta è solo e le speranze ridotte al lumicino dalla metafora che arriva diretta dal titolo dell’album, Il grande freddo (citazione del film di Kasdan), l’ultimo lavoro di Claudio Lolli, dopo quasi otto anni di silenzio. Le passioni degli anni ’70 sono finite e il cantautore sente la necessità di raccontare l’individualismo imperante, la disastrata situazione politica e la donna. Sempre in linea con la tradizione di poeta libertario alla Piero Ciampi, del cantautorato impegnato francese, del messaggio colto, delle osterie dove scrivere e confrontarsi, Lolli resta un profeta che preferisce smarrirsi. Un’accoppiata particolare quella di Lolli e l’etichetta La Tempesta, in cui si sono ritrovati parte del gruppo del Collettivo Autonomo Musicisti di Bologna, con cui aveva inciso quel capolavoro di Ho visto anche degli zingari felici: Danilo Tomasetta e Roberto Soldati. Nove brani malinconici e duri che riproducono lo spaesamento contemporaneo di chi, come dal titolo della canzone n. 7, si sente Prigioniero politico, in libertà.
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