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Classici per ragazzi e adulti, il segno gioioso di Galloni

Classici per ragazzi e adulti, il segno  gioioso di GalloniTavola di Adelchi Galloni per I viaggi di Gulliver di Jonathan Swift, Arnoldo Mondadori Editore, Milano 1976

Illustratori italiani Grafica pubblicitaria, Carosello, tavole per collane editoriali... Santo Alligo ripercorre la produzione e le fonti visive di Adelchi Galloni (1936) in un libro della Fondazione Tancredi di Barolo

Pubblicato circa 2 mesi faEdizione del 22 settembre 2024

A Santo Alligo, uno dei maggiori studiosi del libro illustrato novecentesco, dobbiamo svariati lavori tra cui la serie in quattro volumi dei Pittori di carta e il recente Pinocchio. Atlante delle edizioni italiane dal 1883 al 2022, pubblicati per i tipi di Little Nemo. Ora licenzia Adelchi Galloni Geniale illustratore italiano del Novecento (pp. 216, € 30,00), edito dalla Fondazione Tancredi di Barolo, con presentazione di Pompeo Vagliani e nota introduttiva di Martino Negri. Si tratta di un omaggio al grafico e artista nato a Varese Ligure nel 1936 e ancora operante a Milano, distintosi sia in ambito pubblicitario sia sul versante dell’illustrazione editoriale.
Il commento critico, ridotto all’essenziale, è chiaro ed esauriente e chiama costantemente in causa i lavori riprodotti nel testo e fuori testo. Si passa dalla sezione riguardante la grafica pubblicitaria (Knorr, Girella, Pubblicità Progresso, Barilla, Conad, Ferro-China Bisleri, Caffè Hag, Oransoda) ai cartoni animati pluripremiati allestiti per Carosello. Ma è con l’illustrazione dei libri per l’infanzia che Galloni trova il terreno ideale per cimentarsi, sciorinando il suo tratto elegante e inconfondibile, a cominciare dalla collana «Le Pietre Preziose» di Mondadori, i cui titoli furono esportati anche all’estero. Il primo album, del 1973, si intitola Le straordinarie avventure di Baciccia nell’Africa misteriosa, seguito da Robin dei pirati e Baciccia nel Far West, su testi di Ermanno Libenzi. In questi libri l’ironia dell’illustratore si manifesta appieno, con un taglio gioioso e giocoso che contrassegna l’effervescenza del segno, latore di uno «smarrimento visivo dove è impossibile non perdersi nell’indescrivibile groviglio di personaggi e di cose», come annota Alligo. Esemplari alcune tavole riprodotte, dove si vedono spuntare dalle finestre pesci giganteschi o elefanti districarsi tra il fogliame di alberi altissimi mentre serpenti esotici avvolgono nelle loro spire le carrozze di un treno che attraversa la giungla, con il suo carico di umanità buffa e variopinta. D’altronde nel mondo di Galloni, come in quello di Jacovitti, si appalesano gli accostamenti più improbabili e casuali: uomini si addormentano sul dorso di maiali, scimmie giocano a scacchi fumando il sigaro e bonarie tigri sfoggiano un manto a scacchiera (La tigre a scacchi si intitola una favola edita nel 1975). La crudeltà sembra bandita per lasciar posto alle propaggini di un’inesauribile fantasia.
In tale contesto editoriale si ricordano le illustrazioni di classici come I viaggi di Gulliver di J. Swift (’76), Il giro del mondo in 80 giorni di J. Verne (’76), Il Barone di Münchhausen di R. E. Raspe (’78). In questi libri si alternano tavole a colori e in bianco e nero, realizzate per lo più a china con tratteggio vivace e, al contempo, meticoloso. Spesso venivano impiegate tecniche composite, piuttosto articolate, come quella qui descritta da Alligo: «L’editore richiedeva ad Adelchi per prima cosa il disegno delineato in nero, così da ricavarne un tratto su pellicola trasparente e una stampa in colore cyan che l’illustratore avrebbe colorato all’acquarello: sovrapponendo il tratto nero al colore si aveva il risultato finale ottenuto dalla stampa».
Nella successiva collana mondadoriana «Junior», meno intrigante graficamente, uscita tra gli anni ottanta e fin oltre il 2000, Adelchi Galloni illustrò altri classici novecenteschi (Orwell, Kipling, C.S. Lewis) alternati ad autori internazionali affermati come Michael Ende, Ted Hughes e Alvaro Mutis. Ma è sul versante delle tavole approntate per i racconti apparsi sul settimanale «Grazia» che l’illustratore riesce a raggiungere forse l’apice della sua produzione. Qui segno e colore si fanno più sfumati e il materiale adoperato cambia, mimeticamente, a seconda dell’atmosfera suggerita dai racconti: carta vetro, carta fotografica, carta da pacchi, giornali, carta da parati, vassoi per dolci, legno, cartoncini grezzi o ondulati (si veda l’illustrazione per Il marito di campagna di John Cheever del 1989). A tratti sono avvertibili precise reminiscenze pittoriche, come ad esempio quella di Edward Hopper. Numerosi gli autori illustrati, soprattutto stranieri di area anglosassone: Arthur Conan Doyle, James Joyce, Katherine Mansfield, H.G. Wells, I.B. Singer, Francis Scott Fitzgerald, Alice Munro.
Si riportano alcune di queste doppie pagine in cui convivono titolo, incipit del racconto e relativa illustrazione. Si va dal disegno su carta da macellaio incollata su cartoncino di Un anno in un altro paese di Irwin Shaw (’78), dove la materialità del supporto si sposa a meraviglia con l’essenzialità del tratto, alla splendida tecnica mista su cartoncino approntata per L’ultima fuga di William Faulkner (’87). Qui le nuvole e le chiome degli alberi, dipinte e poi incollate con la tecnica del collage su fondo nero, sono disseminate di effetti cromatici che spaziano dal blu cobalto a un tenue color sabbia e un’impercettibile sfumatura lilla. La forma è squadrata e le volumetrie si richiamano, più o meno scopertamente, alle scomposizioni cubiste.
Un analogo effetto visivo si ritrova nel collage realizzato per La donna delle pulizie di Penelope Lively nel 1988, laddove l’impianto architettonico, creato in rilievo con la delicatezza di un merletto, accoglie una figura femminile di spalle, dipinta in rosso, mentre ai lati si contrappongono simmetricamente le immagini fotografiche di un’automobile parcheggiata e di un cane. Nella tavola della Duchessa e il gioielliere di Virginia Woolf (’89), Galloni arriva a incollare una reale piuma di struzzo sul cappello della protagonista.
Gli ultimi due capitoli si soffermano ad analizzare la produzione più recente, passando dagli inusuali ritratti di attori (il volto azzurro di Humphrey Bogart stagliato su fondo nero, Bob Mitchum «fatto a memoria» con la biro) ai serial killer e ai multicolori jazzisti. Si approda a un ritratto di Eliot in cui è difficile riconoscere le caratteristiche somatiche dell’autore della Waste Land se non rapportando ai suoi versi i colori sobri che contrassegnano l’acrilico su legno. L’ultimo tassello riguarda l’Opera 18.27, libro in divenire il cui titolo è ispirato a una determinata ora del giorno e che riporta una carrellata di ritratti, effettuati con tecnica mista su carta, dove si avvicendano immagine e parola, suggestioni figurative (Picasso, Bacon, Ben Shahn) e laconici testi riportati a biro con tanto di correzioni e cancellature. Cos’altro aggiungere? Chapeau.

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