Clash, una notte da busker
La copertina dell'album «Cut the Crap»
Alias

Clash, una notte da busker

Storie/Maggio 1985, un mini tour in strada solo chitarre e voce, massimo anonimato, «per rinascere» Si spostavano in autostop, in bus o treno, dormivano in squallidi b&b oppure ospitati a casa dei fan. «Suonavamo nelle piazze, davanti ai supermarket e raccoglievamo qualche spicciolo per cibo e birra»
Pubblicato 12 mesi faEdizione del 7 ottobre 2023

Nel maggio 1985, ciò che restava dei Clash (Joe Strummer, Paul Simonon e i nuovi Pete Howard, Nick Sheppard e Vince White) decisero di intraprendere un surreale e coraggioso tour (di fatto fu l’ultimo in Inghilterra) nelle strade delle città inglesi, senza alcuna programmazione, in veste anonima, suonando strumenti acustici come i busker e sopravvivendo dei soldi che avrebbero raccolto. La band era ormai allo sbando completo dopo che Joe Strummer aveva deciso di estromettere dal gruppo il suo «gemello» Mick Jones in modo brusco e inaspettato, «Io e Joe ne avevamo parlato, eravamo d’accordo, non ne potevamo più e volevamo andare avanti col lavoro anziché stare ad aspettare Mick e i suoi comodi. Eravamo in sala prove quando Joe gli ha detto: “Vogliamo che tu te ne vada”. Mick s’è girato verso di me e ha chiesto: “Tu che ne dici?”. E io: “Be’ sì… “. Penso che quello sia stato il colpo di grazia» (Paul Simonon). Era toccato precedentemente al batterista Topper Headon, a causa della sua dipendenza dall’eroina che aveva reso insostenibile la sua presenza nella band, soprattutto nel momento in cui i Clash erano finalmente assurti alla celebrità mondiale e al successo commerciale con l’album Combat Rock che conteneva le due hit Should I Stay or Should I Go e Rock the Casbah (quest’ultima composta in gran parte proprio da Topper). La band non sopportò il peso del successo, con le canzoni in classifica e il tour americano in cui si trovò in festival a fianco di Who, Bowie, Van Halen davanti a più di 100 mila persone, litigando con chiunque per i prezzi dei biglietti e per il lusso sfrenato in cui si trovarono, loro malgrado, coinvolti. Non di meno furono decisivi i pessimi rapporti tra Joe e Mick, l’invadenza del manager Bernie Rhodes e una situazione sempre più ingestibile.

DIMENSIONE PURA

Anche il sostituto di Topper, Terry Chimes (che aveva suonato nel primo album), preferì abbandonare la barca. Quando Joe Strummer e Paul Simonon si ritrovarono «soli» provarono a ricucire il vestito ormai logoro e a pezzi incidendo un nuovo album. Il risultato fu Cut the Crap, messo in circolazione dal manager ma costituito da demo incompleti, ancora da sviluppare e rifinire. Ovviamente l’album fu accolto con sconcerto e pessimi pareri da pubblico e critica. Proprio nel tentativo di ritornare a una dimensione più sincera, pura, vicina a quella degli esordi, senza imposizioni contrattuali, decisero di riprendere la strada come dilettanti qualunque. Lasciarono volutamente i portafogli a casa, fecero l’autostop per Nottingham e da lì partirono suonando dove capitava e vivendo alla giornata. Repertorio a base di brani dei Clash (da White Man in Hammersmith Palais a Spanish Bombs, White Riot, Clash City Rockers, Police on My Back, I Fought the Law), classici rock’n’roll di Gene Vincent, Chuck Berry, Eddie Cochran ma anche Stepping Stone dei Monkees e tanto altro.

«Partimmo facendo l’autostop per Nottingham. Nessuna aspettativa, niente, solo tre chitarre acustiche, io che cantavo e Pete che suonava le bacchette sulle sedie. Andavamo nelle piazze e davanti ai supermarket fino a quando non raccoglievamo qualche spicciolo per la birra, un po’ di cibo, i biglietti per i bus o i treni per spostarci in un’altra città. Non mi sono mai sentito così vicino al pubblico. È assolutamente importante che gli artisti realizzino che non sono nulla di speciale. L’artista non è migliore in nulla rispetto a chi lo va a vedere, bisogna impararlo. La sindrome da star non è per niente interessante ed è assolutamente noiosa. Il tour fu divertimento, quello che io chiamo divertimento. Mi ha dato una dimensione extra di quello di cui ho bisogno nella musica» (Joe Strummer).

UN NUOVO INIZIO

Le rare e imperfette registrazioni testimoniano l’immediatezza e l’urgenza delle esecuzioni, un vero e proprio, sincero e sentito, ritorno alle radici, accompagnati dalla partecipazione entusiasta dei presenti. Dormirono in bed and breakfast da pochi soldi oppure ospitati dai fan (il più delle volte increduli nel trovarsi davanti a Joe e compagni). Joe Strummer lo ha sempre descritto come «il miglior tour che abbiamo mai fatto». Paul Simonon: «È stato come ricominciare da capo. È stato fantastico. L’idea era di lasciare tutto alle spalle tranne le chitarre. Non potevi portare soldi con te. Siamo sopravvissuti con il nostro ingegno. È stato emozionante come l’Anarchy Tour, non sapevi mai dove saresti andato il giorno dopo. Ricordo che eravamo a Leeds, erano le 2 del mattino, ed eravamo fuori da questo club di neri e la gente usciva e ci apprezzava davvero. C’erano due ragazzi bianchi ed erano scioccati che fossimo noi. Dissero: “Dove state stanotte?”. “Non stiamo da nessuna parte”, e allora ci hanno invitato a stare dalla loro mamma. I soldi che guadagnavamo suonando per strada significavano che potevamo andare oltre, non avevamo un piano su dove andare dopo. Non c’erano regole. Non dovevi essere sull’aereo tal dei tali alle dodici in punto».

È stato realizzato anche un breve documentario sul concerto che tennero a Glasgow al Duke’s Bar con la testimonianza di una ragazza che li ospitò a casa sua, con spezzoni di una registrazione della serata e rare foto d’epoca, «Joe Strummer slept here». Quella sera si radunarono davanti al piccolo locale decine di persone che iniziarono a cantare in coro i brani dei Clash con conseguente intervento della polizia. Suonarono dal 2 al 17 maggio a Nottingham, alla stazione dei treni e in una serie di pub di Leeds, alla Leeds University poi in una piazza a York (ma solo 3 brani, tra cui I Fought the Law, prima di essere scacciati dalla polizia) per poi rimediare in qualche pub, a Newcastle, a Edimburgo e a Glasgow. Si dice, non confermato, di esibizioni anche a Carlisle, Liverpool e Birmingham.

LA FINE

A Leeds accadde un fatto «increscioso» mentre i Clash suonavano davanti all’Università dove a breve si sarebbero esibiti gli Alarm (band clone o quasi di Joe compagni). Danbert Nobacon, membro della band anarchica filo Crass dei Chumbawamba spruzzò dello spray rosso sul giubbotto di Joe, in segno di protesta per «il tentativo di rifarsi una verginità e una credibilità punk, dopo essere stati negli Usa tra champagne e cocaina». Fu inseguito da una folla di fan inferociti ma riuscì a scappare. Paul Simonon ha un ricordo particolare di un concerto a York: «Probabilmente uno dei migliori momenti del tour. Stavamo suonando davanti a una chiesa e improvvisamente incominciarono a radunarsi un sacco di persone, grazie al passaparola. E così attraversammo la città con duecento ragazzi e ragazze che cantavano in coro con noi i brani. Fino a quando arrivammo davanti a un pub, il cui proprietario ci disse che se volevamo suonare nel suo locale ci avrebbe dato le birre gratis. Eravamo tornati alle basi» (Paul Simonon).

La notizia dei Clash in tour per le strade dell’Inghilterra finì sui giornali e nelle radio, con grande disappunto di Joe che avvertì come l’iniziativa stesse perdendo la spontaneità e lo spirito originale. Le radio e i giornalisti locali quando venivano a sapere della presenza dei Clash in città si facevano in quattro per intervistarli. La cosa finì in breve e la band ritornò a casa. «Eravamo coinvolti nel “fai un disco/vai in tour/fai un’intervista/fai quello/fai questo”. Cercavamo una risposta, volevamo sapere se il rock’n’roll significava qualcosa e quello fu un tentativo per scoprirlo» (Joe Strummer). I Clash si sciolsero poco dopo e non tornarono mai più insieme, nonostante i rapporti si fossero riconsolidati. Il ritorno alle radici fu uno degli ultimi atti della loro gloriosa storia.

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