Visioni

Citto Maselli, inarrestabile «enfant terrible» tra cinema e politica

Citto Maselli, inarrestabile «enfant terrible» tra cinema e politicaUna scena da «I delfini» (1960)

Cinema Un ritratto del regista, dagli esordi con «Gli sbandati», alla contestazione di Venezia '68, fino all'ultimo gesto dell'scrizione all'Anpi. Quando sono arrivati gli oscuri anni Novanta ha rivoluzionato le sue immagini

Pubblicato più di un anno faEdizione del 22 marzo 2023

Abbiamo sempre pensato a Francesco Maselli come a un enfant terrible del cinema italiano. Così lo avevano definito per aver esordito giovanissimo, ma ancora di più perché, anche durante i suoi fiammeggianti interventi nelle riunioni delle organizzazioni del cinema, degli autori e maestranze, tra occupazioni e festival contestati (Venezia ’68), le discussioni sui progetti della legge del cinema, lo immaginavamo quando, ginnasiale al Tasso organizzava gli studenti medi romani antifascisti. Si era trovato anche a trasportare appena quattordicenne, armi ai partigiani nella Roma occupata (precisamente una pistola a tamburo consegnata a Pintor avvolta in un giornale, come ha raccontato a Aldo Colonna su Alias del 4 settembre 2021). Quattordicenne si era iscritto al Pci e pochi anni dopo, a diciannove anni si era diplomato al Centro Sperimentale ed era diventato assistente di Chiarini e poi di Antonioni e Visconti.
Era nato nel 1930, la sua era una famiglia di intellettuali, il padre critico d’arte, lo zio acquisito e suo padrino era Luigi Pirandello, la sorella Titina sarebbe diventata una delle artiste di punta della sua generazione.

Lottare per un mondo migliore, più giusto, più vivibile. Sembra una mera enunciazione di intenti, so che non è facile, ma questo vuol dire essere di sinistraCitto Maselli
Tracce del suo ambiente culturale si trovano da quell’osservatorio sociale che sono i suoi primi film, esordio con i giovani borghesi de Gli Sbandati (1955).
Interessante la cesura critica che mette in atto con i film dell’epoca del fascismo, scegliendo gli stilemi del melò, ma di segno capovolto come nei Delfini (1960), con precise indicazioni di un boom in procinto di scoppiare. Ne Gli Indifferenti (1963) moltiplica con l’incanto del bianco e nero il fascino dei volti del giorno (Claudia Cardinale e Tomas Milian) al servizio di un interno di famiglia dominato dall’interesse economico.

LA SUA SFERZANTE opinione sulla nuova generazione di militanti di sinistra prigionieri dei salotti è espressa in Lettera aperta a un giornale della sera (1970) e torna al tema della lotta antifascista nel film dal ridondante titolo Il sospetto di Francesco Maselli (per non confonderlo con Il Sospetto di Hitchcock) con Gian Maria Volonté operaio esule in Francia nel ’34 rimpatriato in Italia con un incarico del partito comunista.

Quell’aura che circondava Claudia Cardinale la riserverà anche ad altre protagoniste dei film successivi: Valeria Golino, con Storia d’amore (premio speciale della giuria e Coppa Volpi a Venezia), Nastassja Kinskij (Il segreto, L’alba). Il suo percorso cinematografico che procede quasi a blocchi è intrecciato all’attività politica, l’iscrizione a Rifondazione comunista dopo lo scioglimento del Pci (dove fino all’89 era stato membro della Commissione culturale della Direzione partito, per trent’anni alla guida dell’Anac (l’Associazione Nazionale degli Autori Cinematografici), tra i fondatori della federazione europea degli autori, la Fera.

PIÙ DISTANTE quando mette in scena i tormenti degli intellettuali tesserati in un’epoca in cui l’esplosione creativa dei movimenti sembrava aver cambiato se non altro le visioni, è capace di un’altra sterzata creativa quando mette a fuoco una realtà complessa come quella degli anni ’90, che sta precipitando sempre di più verso la povertà, la disuguaglianza e diritti messi in discusione con film al limite della sperimentazione come Cronache del terzo millennio (1996), presentato fuori concorso alla mostra di Venezia, cupo e preveggente intervento sulla resistenza di un gruppo di condomini allo sfratto da un caseggiato. O più decisamente con Civico Zero, tre storie di povertà e degrado della metropoli, Le ombre rosse (2009, con Valentina Carnelutti e Roberto Herlitzka), visione di un mondo in bilico con scenari da film del disastro non troppo fantascientifico.
Presente al G8 di Genova nel 2001, coordina i 33 registi di Un altro mondo è possibile, un ritorno al mai dimenticato insegnamento zavattiniano.
E infine, un’ultima azione da ragazzo, proprio come hanno fatto recentemente tanti altri giovani, annuncia la sua iscrizione all’Anpi, come a dare una precisa indicazione di impegno antifascista.

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