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Cittadine d’Europa di cui l’Unione non si prende cura

Mai più cittadine a metà. È il titolo dell’incontro promosso domenica 18 maggio a Napoli (ore 18, Evaluna libreria caffè, piazza Bellini 72) dalla lista «L’Altra Europa con Tsipras». E […]

Pubblicato più di 10 anni faEdizione del 18 maggio 2014

Mai più cittadine a metà. È il titolo dell’incontro promosso domenica 18 maggio a Napoli (ore 18, Evaluna libreria caffè, piazza Bellini 72) dalla lista «L’Altra Europa con Tsipras». E va detto forte, alla vigilia del voto. Perché la crisi ha rovesciato tutto. Fino a qualche anno fa l’Europa era per le donne italiane un modello, quasi un miraggio di emancipazione riuscita, un sistema di vita e di sicurezza sociale costruita sul modello delle socialdemocrazie dei paesi nordici.
La crisi ha cambiato tutto. L’Europa ha smesso di prendersi cura dei cittadini e delle cittadine, come si è detto a Roma la settimana scorsa, nell’incontro intorno al documento dal «gruppo del mercoledì» (di cui faccio parte), che aveva alla base la domanda: che fare, perché in Europa si riprendano politiche e relazioni che mettano al centro non le sorti del capitale finanziario, ma la vita delle persone? A partire dall’esperienza delle donne?

Pensare alla destinazione delle risorse, che sempre più vengono privatizzate e sottratte alla dimensione pubblica, mettere in discussione il fiscal compact e il debito, soprattutto pensare a un piano del lavoro, significa avere nella propria prospettiva politica cittadine mai più «metà». Perché se nei primi anni della crisi il lavoro nei servizi, insomma il lavoro femminile, sembrava non toccato, ora i nuovi dati parlano di sensibili flessioni. E di donne tornate a casa, a provvedere a quelle cure che nessuno più fornisce. Mentre sono inesorabili i tagli all’assistenza, alla sanità pubblica, a quell’insieme di misure – in verità in Italia mai pienamente acquisite – che avevano pienamente accettato che non c’era più una donna chiusa in casa a garantire la riproduzione della vita.

Qualche giorno fa, in un incontro romano dedicato al programma della lista, l’economista Anna Simonazzi (della redazione di ingenere.it) ha ricordato che puntare sulla crescita lavoro femminile non solo è di per sé fattore di crescita del Pil, come dicono ormai tanti economisti mainstream, ma è un fattore di orientamento delle politiche sociali e di investimento pubblico. Un’osservazione preziosa, da raccogliere. Perché permette di andare oltre i mondi frammentati in cui si è rinchiusa la sinistra italiana fino ad oggi. Mondi e azioni parallele, degli uomini e delle donne.

Per questo ho deciso da subito di sostenere la lista. Attratta dal profilo politico plurale e nello stesso tempo concreto della proposta, mi è sembrato indispensabile che questo spazio politico si aprisse all’incrocio con le culture politiche del femminismo italiano, troppo a lungo tenute/rimaste fuori dalla storia corrente. È un inizio, spero. Sono convinta che un’affermazione alle europee riaprirebbe la dinamica politica, ampliando il senso di un’azione politica fin troppo stagnante, negli immobili confini nazionali.

Essere cittadine d’Europa è anche assumersi la responsabilità di scelte, orientamenti, confrontarli con altre visioni, altre esperienze.Per esempio, la risoluzione Estrela, dal nome dalla deputata portoghese che l’aveva presentata, affossata per la determinante astensione di rappresentanti del Pd (come David Sassoli e Silvia Costa), oggi di nuovo in lista. L’autodeterminazione lì sostenuta è parte integrante del profilo politico delle cittadine. E una delle esperienze più interessanti di questa campagna elettorale è che a ricordarlo non sono solo le donne, ma anche tanti ragazzi.

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