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Città fantasma nella Hollywood dei licenziamenti

Città fantasma nella Hollywood dei licenziamenti

Cinema Warner Media annuncia una una riduzione del personale che potrebbe arrivare al 20%, si continua a tagliare anche alla Disney

Pubblicato quasi 4 anni faEdizione del 11 novembre 2020

Si firma amichevolmente «Jason», e l’incipit della lettera è rivolto a un «team». «Questa è una mail molto dolorosa da scrivere. E per alcuni di voi sarà ancora più doloroso riceverla. Il che mi dispiace…». Bastano una riga o due e la missiva scivola come un serpente nell’ormai famigliarmente viscido vocabolario del corporatese – riorganizzazione, semplificazione, consolidazione, decisioni difficili, riduzione, realtà globale … In altre parole, una massiccia catena di licenziamenti. Il che, garantisce però «Jason» (Kilar, il Ceo di WarnerMedia), non è un riflesso della qualità del lavoro dei rispettivi impiegati (il «team»!), ma «una funzione dei cambiamenti in atto».

Anticipati da un articolo apparso lunedì sul «Wall Street Journal», e ripreso ieri da «Variety» che ha reso pubblica la lettera di Kilar, gli imminenti licenziamenti alla Warner Media potrebbero equivalere a una riduzione del personale pari al 20%, distribuita tra lo studio cinematografico di Burbank e canali televisivi come Hbo, Tnt, Cnn e Tbs.

LA RISTRUTTURAZIONE del conglomerate multimediale – si sa – era iniziata già da qualche anno, con l’assorbimento della Warner da parte della telefonia AT&T (una fusione osteggiata da Trump, anche se non per spirito antitrust, quanto per inimicizia con Cnn), a cui seguirono subito alcune dipartite importanti dal fiore all’occhiello delle reti tv dello studio, Hbo. In un’atmosfera che era già di pulizia generale, il Covid e lo shutdown della produzione e delle uscite in sala, hanno fatto il resto. Già nelle scorse settimane, i vertici di Warner Media avevano annunciato altri spostamenti di executive e un accentramento strategico dell’asse di potere relativo alla produzione dei contenuti in direzione della piattaforma, Hbo Max. Nei prossimi giorni, i licenziamenti quantificheranno il costo umano del trend. Che, prevedibilmente, non riguarda solo la WarnerMedia.

ANCHE LEI arrivata al Covid in una situazione di post merger (dopo aver acquistato la Twentieth Century Fox), che quindi lasciava prevedere l’eliminazione di posti considerati potenziali «doppioni», la Disney sta falcidiano il personale dei suoi parchi a tema – ventottomila i licenziamenti annunciati a fine settembre per Disneyland e Disney World, di cui la maggioranza nel parco della Florida, l’unico dei due aperto al momento, anche se con capienza molto limitata. Cinquanta posizioni in meno ventilate anche allo studio cinematografico, di cui adesso fa parte anche la preziosa etichetta Searchlight, che da sempre ha un ufficio a New York, nel grattacielo di Fox News, e che potrebbe essere chiuso. Alla Lionsgate, i tagli del personale già annunciati sono del 15%. Mentre la Sony ha recentemente accorpato marketing e distribuzione delle sue divisioni theatrical, homevideo e tv, e così facendo eliminato le cariche «di troppo».
Se alla paralisi dell’industria dello spettacolo generata dal Covid si può imputare la quantità così massiccia dei tagli di posti di lavoro presso le Major e i grossi indipendenti, «la crisi» precede la pandemia. Da anni ormai, le torri d’uffici costruite negli anni ottanta/novanta dentro ai perimetri degli studios, di fianco ai teatri di posa, sono avvolte da una strana calma – parecchie delle scrivanie negli open spaces visibilmente spoglie, dalle porte aperte sugli uffici che si affacciano verso l’esterno, alcuni si intuiscono privi di un occupante.

E anche all’estero, dove le majors avevano sedi importanti nelle maggiori capitali, l’infrastruttura è stata ridotta all’osso. Quando non eliminata del tutto. Tra i più colpiti i dipartimenti di marketing/promozione e distribuzione -i cui ranghi sono stati progressivamente assottigliati come le differenze tra mercato nazionale e globale, distribuzione nelle sale, in homevideo e in streaming, e anche con il restringersi progressivo delle differenze tra i tipi di prodotto. E la calma quasi irreale che si respira dietro a quei cancelli evoca la magia e il brivido di città fantasma – fantasmi del cinema, della sua arte, del magnifico artigianato hollywoodiano, e adesso anche della sua burocrazia.

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