Economia

Cinque milioni di poveri in Italia, 17 milioni «working poors»

Cinque milioni di poveri in Italia, 17 milioni «working poors»

L'Istat conferma la gravità della crisi sociale del paese. Il sussidio detto impropriamente "reddito di cittadinanza" si rivolge a una parte dei "poveri assoluti". Resta senza risposte la povertà dei minori e la crisi dell'istruzione: il nostro paese è tra gli ultimi per numero di laureati e tra i primi per tasso di abbandoni scolastici

Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 18 aprile 2019

Nel 2017 gli individui in povertà assoluta erano 5 milioni e 58mila (8,4%). la popolazione a rischio di povertà o esclusione sociale è pari al 28,9% (circa 17 milioni e 407 mila individui), in diminuzione rispetto al 30% toccato nell’anno precedente. Lo ha confermato ieri l’Istat nel «Rapporto SDGs 2019. Informazioni statistiche per l’Agenda 2030 in Italia» e può essere usato per confermare dati già noti rispetto alla politica denominata «reddito di cittadinanza» che, a marzo, ha riscontrato l’interesse di oltre 800 mila persone, di cui poco più della metà sono state selezionate per accedere al programma di «workfare», ovvero lo scambio tra un sussidio pubblico e l’obbligo a lavorare fino a 16 ore a settimana e formarsi obbligatoriamente presso centri per l’impiego e altri enti. Questo «reddito» non è diretto a tutti i «working poors» (oltre 17 milioni), ma a una parte dei «poveri assoluti» sotto i 9.360 euro di reddito Isee.

La rilevazione effettuata dall’Istituto nazionale di statistica ha stabilito un indicatore di povertà o esclusione sociale sulla base della quota di persone che si trovano in almeno una di queste situazioni: sono a rischio di povertà di reddito; gravemente deprivate materialmente, vivono in famiglie con una intensità lavorativa molto bassa. Su questi parametri è stato definito che in Italia la povertà di reddito riguarda il 20,3% della popolazione. Questo valore è sostanzialmente stabile rispetto al 20,6% del 2016. Si trova in grave deprivazione materiale il 10,1% della popolazione, una quota più bassa di 2 punti nel confronto con l’anno precedente. La quota di coloro che vivono in famiglie con una intensità di lavoro molto bassa è dell’11,8%, in diminuzione dal 12,8% del 2016. Le disparità regionali restano molto ampie, sia per l’indicatore composito sulla povertà o esclusione sociale, sia per le tre misure che lo compongono. Il Mezzogiorno presenta i valori più alti per tutti e quattro gli indicatori. Il rischio di povertà o esclusione sociale riguarda il 44,4% degli individui residenti in questa area del Paese contro il 18,8% del Nord. Se si considerano gli occupati che vivono in condizione di povertà reddituale, il nostro paese è quintultimo nella Ue con il 12,2% degli occupati a rischio di povertà nel 2017. La quota relativa al Nord Italia è passata dal 4,5% del 2004 al 6,9% del 2017; quella del Mezzogiorno, già molto elevata, è salita dal 19,2% al 22,8% mentre al Centro Italia è quasi raddoppiata (dal 5,9% all’11,2%).

L’Italia è agli ultimi posti in Europa per numero di laureati, tasso di abbandono», osserva l’Istat. E nonostante i progressi degli ultimi tre anni, rimane il primo paese europeo per «Neet», i ragazzi che non studiano e non lavorano (sono ancora il 30,9% nel 2018). Anche quelli che hanno un impiego, spesso sono precari ed esposti al rischio di povertà. Del resto l’Italia è uno dei paesi europei con più lavoratori poveri, superata solo da Grecia, Spagna, Lussemburgo e Romania. Le difficoltà sono maggiori al Sud Italia e in particolare in tre regioni: la Sicilia, la Calabria e la Campania.

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