Visioni

Cinquanta sfumature di noia

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Al cinema Anteprima tedesca e da oggi nelle sale il film dal best seller di E. L. James

Pubblicato più di 9 anni faEdizione del 12 febbraio 2015

Artista, fotografa e regista (Nowhere Boy, su John Lennon) l’inglese trapiantata a Los Angeles Samuel Taylor Johnson era una scelta interessante per portare al cinema Cinquanta sfumature di grigio. Non tanto perchè è una donna, o per il suo trascorso nel cinema erotico (Death Valley, otto minuti e mezzo di un uomo che si masturba sulla ghiaia del deserto californiano nel film omnibus Destricted, del 2008), ma per il corto circuito che si sarebbe potuto creare tra il linguaggio «alto», rarefatto, del mondo delle arti visive in cui si muove Taylor Johnson e quello al gusto «doppia panna» dell’erotismo confezionato per le masse che ha fatto della trilogia di EL James un caso letterario internazionale. In effetti, l’occhio algido, elegante/frigido della regista abbassa notevolmente la temperatura del ridicolo che contraddistingue parecchi passaggi della prosa del libro.

Sfortunatamente, la coolness e una certa freschezza (in gran parte dovuta alla protagonista, Dakota Johnson, e al lusso minimal del decor) che Taylor Johnson porta al suo soggetto arrivano accompagnati da una quasi totale mancanza di tensione (erotica e non) e da un determinismo a priori che toglie ogni senso di pericolo e/o imprevisto: il film che «le femministe» americane hanno boicottato (senza vederlo) perché promuoverebbe la violenza contro le donne è in realtà un manifesto di empowerment femminile, la parabola di una ragazza che, scoprendo la propria sessualità diventa padrona di se stessa, e mette al guinzaglio lo scapolo inveterato (ovviamente miliardario) di turno. Insomma, una storia vecchia come il mondo e con dei valori da preistoria, anche se corredata di piume di pavone, qualche frustino e di numerose cravatte grigie con cui Christian Grey (Jamie Dornan), tenebroso ma già giustificato da un’infanzia infelice, lega i polsi dell’ingenua commessa di ferramenta (!).

Chiodi, trapani e martelli non vengono qui usati creativamente come faceva Denzel Washington in The Equalizer – Il vendicatore. E le ambizioni erotiche di Cinquanta sfumature non arrivano nemmeno lontanamente a sfiorare Ultimo Tango a Parigi, La vita di Adele, e 9 settimane e 1/2, titoli che Taylor Johnson ha citato come punti di riferimento. Certo, come ha detto la regista, un film da studio (la Universal) come questo non può avere lo stesso margine di trasgressione di uno da «cinema d’essai». Ma se portare al cinema un brutto romanzo che ha milioni e milioni di lettori di tutto il mondo significa solo dargli una patina di buon gusto allora l’operazione non è molto interessante.

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