Cinema, un concorso per storie di resistenza sul lavoro
C’è unanime consenso sul fatto che la cultura e la ricerca dovrebbero essere uno dei principali motori della ripresa. Soprattutto per un Paese come il nostro dove cultura, creatività e […]
C’è unanime consenso sul fatto che la cultura e la ricerca dovrebbero essere uno dei principali motori della ripresa. Soprattutto per un Paese come il nostro dove cultura, creatività e […]
C’è unanime consenso sul fatto che la cultura e la ricerca dovrebbero essere uno dei principali motori della ripresa. Soprattutto per un Paese come il nostro dove cultura, creatività e conoscenza ne definiscono un tratto identitario riconosciuto in tutto il mondo e potrebbero essere una leva importante per determinare buona economia. Eppure questo mondo non conta. Perlomeno non abbastanza. È vero che per la prima volta da diversi anni le risorse per la cultura non sono state tagliate. Eppure invertire la tendenza non sarà facile.
Il nostro Paese non riuscirà mai a fare della cultura il motore dello sviluppo senza un vero riconoscimento e una larga riconoscibilità sociale di coloro che sono stati rinominati operai intellettuali. Perché, solo per fare qualche esempio, i musei vivono anche grazie al lavoro di archeologi il cui compenso può essere di 4 euro lordi all’ora. Perché l’editoria opera anche grazie al lavoro di traduttori che, a cartella, sono arrivati a non percepire più di 3,50 euro. Perché c’è un largo numero di operatori culturali impiegati nel terzo settore che a causa dei tagli alle politiche di welfare locale è costretto a operare al limite della tollerabilità. Tutti casi in cui la dignità delle persone e il valore sociale del lavoro non sono riconosciuti.
In questo drammatico quadro, i lavoratori e le lavoratrici nel campo della cultura, della conoscenza, dello spettacolo, della creatività sono tra i più soli, tra i più invisibili a livello sociale. Perché se chiude una fabbrica o un servizio pubblico giustamente si mobilita una reazione collettiva, ma se chiude i battenti un teatro, se si interrompono corsi di studio universitari, se chiude una galleria d’arte o una redazione giornalistica raramente si determina un’analoga mobilitazione.
Da qui nasce l’idea del concorso per audiovisivi “Obiettivi sul lavoro – storie dal mondo della conoscenza”. Dall’urgenza di dare voce e visibilità alle tante storie di chi lavora in questo comparto, per permettere all’opinione pubblica di capire cosa significhi impegnarsi in un settore che ai tempi della crisi viene considerato poco importante. Il cinema ha la straordinaria potenza di fare vedere, produce emozioni, pensieri e consapevolezze. Con “Obiettivi sul lavoro” vorremmo comporre un affresco multiforme che tenga insieme storie di ordinaria resistenza di tante persone impegnate nella scuola, nell’università, nella ricerca, nel mondo dello spettacolo, delle arti e della creatività in tutte le sue espressioni. Storie di un lavoro spesso mortificato perché considerato inutile. Un lavoro precario, frammentato e poco tutelato, che coinvolge tanti giovani che pure in più di un caso hanno dimostrato buone capacità di avviare processi di cambiamento e innovazione creando nuove forme di lavoro e impresa. Il concorso è promosso da Ucca, Flc-Cgil, Arci, Slc-Cgil con la collaborazione e il contributo della Fondazione Unipolis. Il bando e tutte le informazioni per partecipare al concorso su www.obiettivisullavoro.it
* presidente Ucca – Circoli cinematografici Arci
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