Cinema erotico e società al Fish&Chips
Festival La rassegna torinese termina domani, film per riposizionare l’hard in uno sguardo più ampio
Festival La rassegna torinese termina domani, film per riposizionare l’hard in uno sguardo più ampio
Nella sua breve ma intensa storia (è nato nel 2016 e, dopo due anni di sosta, quest’anno è giunto alla quinta edizione) Fish&Chips – International Erotic Film Festival, primo festival italiano dedicato al «cinema erotico e del sessuale» diretto da Chiara Pellegrini, ha dato spazio a nomi imprescindibili di questa scena dalle molteplici declinazioni: da Erika Lust (pseudonimo di Erika Hallqvist, regista e produttrice svedese, attivista e femminista che propone un nuovo sguardo sul – fare e fruire – porno, e ideatrice della serie X Confessions) a Marilyn Chambers (interprete di capolavori tra i quali Behind the Green Door del 1972 e, fuori dal circuito a luci rosse, anche di Rabid – Sete di sangue diretto nel 1977 da David Cronenberg che vide in lei l’attrice perfetta per indagare i territori della «nuova carne»), da Giuliana Gamba (pioniera del cinema italiano hard) a Radley Metzger (di cui il festival ripropose The Opening of Misty Beethoven, altro classico dell’hard anni Settanta).
LUNGOMETRAGGI, cortometraggi, omaggi si intrecciano nelle giornate di Fish&Chips (iniziato giovedì 22 terminerà domani sera; le proiezioni sono al cinema Massimo, la sala del Museo Nazionale del Cinema di Torino). Spicca, tra i film fuori concorso, la nuova opera del canadese Bruce LaBruce The Affairs of Lidia (prodotta da Lust Cinema, a proposito di connessioni), spiazzante commedia porno diretta da un autore che sa sempre sorprendere e affascinare.
«The Affairs of Lidia» di Bruce LaBruce, con la complicità di un ottimo cast composto di attrici e attori porno, disegna una giocosa coreografia sessualeUn film queer che, ruotando attorno a una trama semplice (una donna, Lidia, inizia a investigare per capire con chi il marito Michelangelo la tradisce), fin da subito mette in scena la rappresentazione del sesso non simulato sfiorando con la macchina da presa prima i corpi, la pelle, della coppia da distanza ravvicinata e poi muovendosi attorno a loro mentre portano a compimento la performance hard. Lo fa, LaBruce, ricorrendo a un’immagine digitale «nuda», espressamente «video», dominata dal bianco. E continua costruendo una commedia dai toni slapstick fatta di pedinamenti (da parte di Lidia, perno di tutta la storia), split-screen e soggettive dal piccolo cannocchiale usato dalla protagonista per spiare il marito – scoprendo così che ha una relazione con il fotografo Sandro, a sua volta sposato con il giovane efebico Piero – nascondendosi lungo i marciapiedi o dietro un albero e indossando grandi occhiali, foulard e, visto che siamo in tempi di pandemia, una mascherina fashion con la scritta «anal» (tutto ciò fa venire in mente il cinema di Brian De Palma), seduzioni, sessioni fotografiche di donne nello studio di Sandro che quasi sempre terminano con un rapporto sessuale, per giungere alla chiarificatrice «resa dei conti» finale intorno a un tavolo, d’impianto volutamente teatrale, che prosegue a letto dove cinque dei sei personaggi (ai già citati va aggiunta Marthe, amica di Lidia, mentre l’amica di Sandro, Xenia, si defila – ed è l’unica a non fare sesso) consumano un’orgia felice perdonandosi le reciproche infedeltà. LaBruce, con la complicità di un ottimo cast composto di attrici e attori porno, di-segna una giocosa coreografia sessuale dove curiosamente, se si pensa alla sua filmografia, tutte le scene hard con penetrazione sono etero, mentre quelle gay, in questa divertente, cesellata nei dettagli, sofisticata giostra queer, si limitato a scambi di baci e accenni di blow-job. Un film intelligente, fashion, che invoca la libertà dei corpi e delle menti.
«THE AFFAIRS OF LIDIA» dialoga con i film dedicati alla casa di produzione tedesca HardWerk (in programma domani sera alle 21). Creata nel 2020 dal regista Rod Wyler e dalla regista e produttrice Paulita Pappel, HardWerk è specializzata esclusivamente in gangbang, «rivendicata come una pratica consensuale e sessualmente emancipatrice», rese con diversi approcci estetici e narrativi. All’interno di questo genere porno, HardWerk produce una «serie» intitolata Ask Me Bang in ogni episodio della quale una performer viene «intervistata» in esterni urbani in alternanza con la sua azione hard. Il finale di Triptychon II, tutto girato in split-screen, è dedicato ai corpi rilassati e vicini dopo la performance, come nel film di LaBruce. Le orge degli altri tre lavori prodotti da HardWerk inseriti nell’omaggio (un capitolo di Ask Me Bang con la performer non binaria Nina Sever, il fantascientifico Hologang, Bang Click Bang con Maria Riot che inverte i ruoli dominanti su un set fotografico) contengono un intreccio di situazioni etero, gay e lesbiche proprio come quelle sulle quali si posa The Affairs of Lidia. Tanto nella commedia di LaBruce quanto nelle esplorazioni dei corpi femminili e maschili dei cortometraggi tedeschi si esprime un’idea di cinema che ri-posiziona l’hard in una riflessione sociale e teorica nitida, luminosa, politica.
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