Sul finire degli anni Sessanta, il regista e saggista cubano Juan García Espinosa scriveva che il cinema deve tendere ad essere imperfetto, mescolando cioè arte e vita, abbattendo le distinzioni fra autore e spettatore, creando allo stesso tempo spazi di proiezione alternativi, e diventando quindi popolare, ma non consumistico. Vent’anni più tardi questa idea di cinema trovava nuova linfa dall’altra parte del mondo, a Taiwan, quando per quattro anni si è declinata nei lavori di video-attivismo del gruppo che si faceva chiamare Green Team. Nelle scorse settimane, delle proiezioni speciali online organizzate da TaiwanDocs, associazione per la promozione del cinema...