«Cinema e donne» a Firenze, i mille volti della violenza
Festival Un’edizione speciale della manifestazione alla sua quarantunesima edizione
Festival Un’edizione speciale della manifestazione alla sua quarantunesima edizione
L’animazione come strumento di lotta contro il patriarcato, è un concetto a prima vista sorprendente, ma che ci arriva da un’autorità nel campo, da Amanda Barbour direttrice dell’unico festival dedicato ai film di animazione realizzati dalle donne, il «Tricky Women/Tricky Realities» di Vienna quest’anno invitato a partecipare a «Cinema e donne» di Firenze (Cinema La Compagnia 25-27 novembre) del Laboratorio Immagine donna di Maresa d’Arcangelo e Paola Paoli. Si tratta infatti di un’edizione speciale della manifestazione alla sua quarantunesima edizione che raccoglie il contributo di tre festival di cinema e donne che in Europa hanno lavorato sul tema della violenza.
Cosa sono i festival di cinema e donne? Ora che in ogni paese c’è un festival di importanti dimensioni dedicato ai film realizzati da cineaste (a parte le numerose rassegne), bisogna ricordare che tutto è iniziato alla fine degli anni ’70, in Francia dove già autorevole era Agnès Varda (erano noti solo quattro o cinque nomi di cineaste nel mondo). Nel ’79 a Créteil si scoprono le pioniere Alice Guy e Germaine Dulac fino ad allora cancellate dalla storia del cinema, quindi in Italia Kinomata, la grande rassegna ideata da Annabella Miscuglio e Roni Daopoulo dal Filmstudio di Roma allargava gli schermi non solo alla visione dei film storici e contemporanei, ma soprattutto all’incontro e alla discussione tra femministe, cineaste e teoriche internazionali. I festival di cinema e donne sono nati da questo lavoro di svelamento e in contrapposizione ai grandi Festival Internazionali come Venezia e Cannes, vere e proprie macchine da guerra per il cinema industriale dove pochissime erano le autrici.
Oggi le registe nei grandi festival sono presenti, anche se poche, vincono anche primi premi, risultati straordinari se messi a confronto con il piccolo numero di professioniste nel mondo. Con iniziative delegate ai vari paesi come la Svezia dove si è deciso autonomamente di attribuire il 50 per cento delle sovvenzioni pubbliche ad opere firmate da donne.
Un festival come «Cinema e donne» di Firenze è quindi non solo una vetrina, ma un momento di incontro e discussione, di rielaborazione e il tema scelto quest’anno de «I mille volti della violenza» senza la mercificazione delle anteprime a tutti i costi, mette a confronto opere passate a volte con clamore ai festival e poi quasi dimenticate. È il caso di Un confine incerto (2019) di Isabella Sandri, un film dove la caccia al pedofilo invece di descrivere e accompagnare per mano lo spettatore verso un rassicurante finale, fa esplodere la situazione con l’effetto imprevisto di un gesto, di una sensazione trattenuta, così che i lati oscuri investono anche tutti i personaggi in scena, dai vissuti poco chiari, dal passato che ritorna. Un film che può fare ancora oggi da punto di riferimento di stile e materiale di discussione.
Il nome ormai celebre di Florence Miailhe tra i cultori dell’animazione (vedi l’intervista di Thomas Martinelli sul manifesto 30 luglio 2022) artista che lavora con vernice, pastello, sabbia, compare nel programma con il doloroso strappo dell’emigrazione forzata dopo un’infanzia felice con Traversée (2021), film candidato ai César, la storia di due bambini separati dai genitori, costretti a fuggire dal villaggio saccheggiato, esempio di come animazione apra nuove prospettive, spazi sconosciuti. Corti di animazione in programma raccontano la paura di attraversare i confini come Untravel dei serbi Ana Nedeljkovic, Nikola Majdak Jr., My Father’s Room di Nari Jang (Corea del Sud) potente racconto autobiografico degli abusi subiti durante l’infanzia con sonorità al posto delle parole.
Invitati a partecipare a Firenze sono anche i «Rencontres Films Femmes Mediterranée» di Marsiglia, festival nato nel 2006 quando, in occasione dell’Esposizione annuale della produzione artigiana e industriale dei Paesi Mediterranei si propose al Laboratorio Immagine Donna di organizzare, con grande successo, un evento speciale dedicato al Cinema delle Donne Italiane. È diventato in seguito un festival unico nel suo genere di cinema e donne e cinema sud con la partecipazione dei paesi come Marocco, Algeria, Tunisia, Libano, Siria, Grecia, Turchia con l’Italia come paese coinvolto anch’esso nelle migrazioni del Mediterraneo.
Altro festival presente a Firenze è la «Mostra Internacional de Films de Dones Drac Magic» di Barcellona. Drac Magic è una cooperativa culturale nata 50 anni fa, prima della caduta del franchismo con intenti innovatori, molto radicata nel territorio, parte fondatrice dell’ associazione Catalunya Film Festivals alla quale si lega anche il Festival Drac Magic ideato da Anna Solà e Marta Selva nel 1993. Il festival di Barcellona svolge un’attività permanente per gruppi di intervento nei campi della formazione professionale, delle didattiche innovative, della prevenzione della violenza contro le donne e le discriminazioni di genere.
Film spagnolo in programma da riportare all’attenzione è il mediometraggio clandestino del 1973 El campo para el hombre di Helena Lumbreras e Mariano Lisa dove in contrasto con la visione trionfalistica del franchismo, diventa protagonista la testimonianza di un contadino che da oggetto di analisi diventa soggetto della storia e fa emergere le ragioni della miseria estrema che ha provocato l’esodo in massa della popolazione dalle campagne. Con questo film nasceva il «Colectivo de Cine de Clase», gruppo clandestino militante che aveva come punto di riferimento il «cine de liberación» e come modello «La hora de los hornos». di Pino Solanas e Octavio Getino.
Nella storia del cinema si è occultato il nome «isolato» di Helena Lumbreras, maestra rurale, studi di cinema a Madrid e poi al Centro Sperimentale di Roma (lavorò anche sul set di Satyricon) finché nel 2005, dieci anni dopo la sua morte, la Mostra Internacional de Films de Dones de Barcelona non le ha dedicato una personale restituendola alla memoria collettiva. Così i tasselli della sua biografia tornano a comporsi: rifiuta di lavorare con Pontecorvo sul set di Queimada, torna in Spagna, firma Hablamos de España opera-prima di controinformazione antifranchista, quindi nel ’70 realizza El cuarto poder sui metodi della propaganda franchista attraverso i media (con l’aiuto economico di Pasolini) per realizzare infine El campo para el hombre che sovvertiva le regole del cinema industriale, delegava all’intero collettivo la firma del lavoro e promuoveva una distribuzione del tutto clandestina.
Parallelamente al cinema militante anche il cinema sperimentale spagnolo è con Noi troba noia (Ragazzo incontra ragazza) di Eugènia Balcells (1978), studi di architettura tra Barcellona e gli Usa, artista visuale pioniera dell’uso dell’immagine elettronica: lo sguardo di un extraterrestre su uomini e donne attraverso le immagini della stampa, lo schermo diviso verticalmente a separare e a far interagire i due sessi.
Di produzione spagnola recente è Game over di Alba Sotorra (2015) documentarista e produttrice che ha lavorato soprattutto in Medio Oriente, Siria, Turquía, Iran e Qatar. In questo film (Premio Gaudí 2016 come miglior documentario) indaga sulle ragioni che spingono un ragazzo catalano appassionato di wargames a diventare un mercenario negli Usa e arruolarsi nella guerra in Afghanistan.
Premiatissimo La plaga (La peste) di Neus Ballús (Spagna 2013) racconta l’ attuale crisi economica attraverso la storia di cinque persone che vivono nella periferia di Barcellona e lottano per sopravvivere tra aree industriali, autostrade e coltivazioni tradizionali.
Spagnolo anche il film di chiusura Estate 1993 di Carla Simón l’esordio dai tratti autobiografici, che racconta come una bambina di sei anni fronteggia la morte dei genitori, tematica sviluppata poi nel successivo Alcarrás Orso d’oro alla Berlinale 2022.
I riconoscimenti assegnati ad alcune cineaste nel corso di «Cinema e donne» rispecchiano il ruolo importante che continuano ad avere con i loro ultimi lavori: Giovanna Gagliardo con il suo Good Morning Tel Aviv, Emanuela Piovano con il ritratto di Nilde Iotti Con parole di Nilde e il classico film di Amalie R. Rotschild It Happens to Us (1971) sulla legalizzazione dell’interruzione di gravidanza con le drammatiche testimonanze di un’epoca in cui l’aborto non era possibile.
I consigli di mema
Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento