Cindarella, e tutti vissero infelici e scontenti
Berlinale Kenneth Branagh - fuori gara - propone uno stanco adattamento della celebre fiaba. Musiche, lacrime e isterie ma la versione in carne e ossa griffata ancora Disney non convince
Berlinale Kenneth Branagh - fuori gara - propone uno stanco adattamento della celebre fiaba. Musiche, lacrime e isterie ma la versione in carne e ossa griffata ancora Disney non convince
C’era una volta non un principe né un re ma una bimbetta bionda che per i genitori era la principessa di un regno familiare d’amore e dolcezza… Se abbiamo imparato da tempo a stare dalla parte delle «matrigne», almeno nelle fiabe, assai più interessanti delle svenevoli principessine assai «acqua cheta», Kenneth Branagh con la sua Cinderella ci toglie pure questo gusto. Difatti la matrigna borghese avida e semprevedova, nonostante la stupenda Cate Blanchett, è talmente squallida e volgare da risultare patetica. Meglio non va a Ella, bionda e smielata, «sii forte e gentile» le aveva detto la mamma, biondissima anche lei prima di morire.
E Ella come la Cenerentola della fiaba – quella un po’ più edulcorata arrivata nei nostri libri di infanzia perché poi nelle versioni noir originali le cose sono un po’ più terribili – lo mette in pratica ogni giorno per resistere alla crudeltà della matrigna che appena il padre parte per il viaggio di lavoro che gli sarà fatale, la confina nella triste soffitta dove lei però è felice in compagnia dei suoi amici topi.
Vestita di celeste chiaro come la Cenerentola disneyana (Disney produce) di cui condivide anche le ballerine sgualcite, la Cinderella di Branagh (Lily James) non ne ha però la grazia e nemmeno la magia. E a rifare in live action l’animazione non bastano gli effetti speciali, dal gusto vagamente retrò con cui la Fata madrina un po’ pasticciona (Helena Bonham Carter) trasforma la zucca in carrozza e le lucertole in cocchieri e viceversa allo scadere della fatale mezzanotte.
La profusione di crescendo musicali nei momenti topici, le lacrime (anche quelle copiose) della povera Ella divenuta Cinderella a forza di dormire davanti al camino. Le isterie delle sorelle sgraziate e ciccione, e la scena del ballo che somiglia più a una serata sanremese che alla magia dell’amore, e la faccia del principe (Richard Madden) con tocchi da telenovela latinoamericana. Una presa in giro? O solo cattivo gusto del regista Branagh?
Cinderella ha chiuso fuori concorso (in sintonia con la stanchezza finale) la Berlinale numero 65, si attendono ora i premi della giuria con presidente Darren Aronofsky, le voci danno tra i favoriti El club di Larrain e un premio dovrebbe esserci (speriamo) anche per Taxi di Panahi. Scelta da star per il tappeto rosso, Cinderella è un pessimo finale, un film inesistente per un soggetto a cui il regista non è per nulla interessato, anzi nella sua copia (vacua) sembra prendere in giro il riferimento di partenza senza proporne però una rilettura o una sua interpretazione dark, pop o quel che sia. La sua Cinderella somiglia a una telenovela di quelle insopportabili.
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