È doloroso non poter salutare i compagni e gli amici. Quando Agostino è morto ero fuori Roma e non ho potuto condividere l’ultimo omaggio a un compagno prezioso, affettuoso, integro nello spirito e onesto nel cuore.

L’avrei voluto ringraziare, silenziosamente, per tutto l’affetto che ha saputo dare al manifesto e a chi lo ha abitato, saggio o inesperto che fosse. Ago aveva la capacità di indicare una via senza mettersi alla guida, indicando il giusto e l’ingiusto senza alzare mai il dito, ma con sicurezza e fermezza, come si fa tra compagni.

Il suo frequente sorriso gli allungava gli occhi in piccole fossette, e i baffi vibravano come quelli di un gatto sapiente e sornione. Era pieno di opinioni e amava condividerle.

Passione e amicizia sono le parole che mi vengono in mente se penso a lui, e a Tullio, il suo alter ego a quattro zampe. Le discussioni infinite di Agostino con Giancarlo Aresta erano spettacolari e chissà quante ne staranno facendo ora insieme, rilassati e liberi di berci su.

L’ho salutato da lontano all’alba su una vetta tinta d’oro e rosa. E il vento intorno soffiava libero e pieno, come il fumo trasparente di un mezzo toscano.