Alias

Ci sono anche i moderati

Ostinato Ci sono anche i moderati. In musica. Come nelle altre arti. Come in politica. Sarebbe divertente andare a scovare nella musica «dotta» di oggi i Lupi (che si definisce così […]

Pubblicato circa 16 ore faEdizione del 19 ottobre 2024

Ci sono anche i moderati. In musica. Come nelle altre arti. Come in politica.

Sarebbe divertente andare a scovare nella musica «dotta» di oggi i Lupi (che si definisce così ma è un destro che più destro non si può), i Casini, i Mastella, i Calenda, i Renzi e via via – non facciamoci ingannare da sigle e rare battute progressiste – i Bonaccini e i non pochi renziani del Pd (e magari l’intero Pd).

Sarebbe divertente, forse deprimente, forse sarebbe semplicemente un esercizio di ricerca e di orientamento.

Ovviamente in musica di moderati ce n’è di vario tipo. Ed è anche rischiosissimo far rientrare nella categoria questo o quel compositore. Perché le discriminanti si sono perse per strada in omaggio a un’apertura di stili senza limiti.

Se uno è tonale, per esempio, lo classificheremo come moderato sic et simpliciter? No. La tonalità, possibilmente senza l’idea di «centralità tonale», è rientrata largamente nella musica contemporanea «dotta» e si alterna o si mischia con passaggi atonali, gestuali, informali.

Bisogna andare a orecchio, come si dice, azzardare un giudizio in base a un’aura oltre che in base ai metodi di scrittura sonora che vengono adottati.

Comunque nella musica «dotta» di oggi i moderati ci sono anche se probabilmente non accettano di lasciarsi definire con questo termine.

Due italiani si sono mostrati recentemente con due uscite discografiche, entrambe con etichetta DaVinci: Carlo Alessandro Landini e Marcello Fera.

Nella ampia Piano Sonata n. 8 Landini fa pensare a Bach e a quanto Bach è stato «ripensato» da Busoni, fa pensare a Hindemith, quello più neoclassico, ma soprattutto fa pensare a Wagner. Nel suo procedere sempre con l’impulso di un costruttivismo ansioso (sì, ansioso più che implacabile come forse lui lo vagheggia) c’è qualcosa del desiderio wagneriano di inoltrarsi nell’infinito ma senza le larghe distese di lirismo sognante.

Landini ha compiuto tutta la sua formazione a contatto con le avanguardie, ha frequentato Darmstadt, poi ha deciso di trasformare quel lascito in una sorta di «nuova oggettività».

Fera nell’album Piccoli arcani si dimostra tutt’altro tipo. Neobarocco per lui è un complimento. È violinista e scrive molto per il suo strumento, solo o con altri archi o in dialogo con un clarinetto come in Diaphonia e in Hi Jack.

Neobarocco complesso come in Diaphonia, ma in altri dei 21 pezzi del cd il tono cambia. Si intrasente persino un amabile e sapiente pop che diventa barocco che diventa minimal ed è incredibilmente nuovissimo. Sono ingredienti minori nel lavoro di Fera: la gran parte è rigorosa indagine su quanto il barocco potrebbe essere fatto rivivere e suonare contemporaneo.

I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento