Christopher John Koch, vite pericolose nella Jakarta di Sukarno: un triangolo all’ombra di terribili riti
Scrittori australiani «Un anno vissuto pericolosamente», da Mattioli 1885
Scrittori australiani «Un anno vissuto pericolosamente», da Mattioli 1885
Tutto ciò che ruota intorno all’identità sembra a Christopher John Koch – vincitore di importanti riconoscimenti letterari australiani – materia di romanzo: così è in Doubleman (1985) e in Highways to a War (1996). Il libro cui la sua fama è più legata, Un anno vissuto pericolosamente del 1978 (ora per la prima volta tradotto da Sebastiano Pezzani, Mattioli 1885, pp. 351, € 21,00) si deve al film che ne trasse Peter Weir nel 1982, in cui prende però il sopravvento la trama delle passioni. La storia ruota intorno alla presenza a Jakarta di un giornalista australiano al primo incarico importante, che è disposto a tutto pur di ottenere uno scoop. Il presidente Sukarno, noto per la grandeur delle sue realizzazioni è al potere da oltre dieci anni: del fasto e dell’esibizionismo erotico che lo contraddistinguono agli occhi del resto del mondo dà conto in un volume autobiografico (che è punto di riferimento per la scrittura del romanzo) scritto insieme alla giornalista americana Cindy Adams.
Mentre il paese è agitato da tensioni interne violente, Guy Hamilton incontra la bella e elusiva Jill Bryant, segretaria dell’ambasciata britannica, a sua volta legata al cameraman nano Billy Kwan: un ambiguo triangolo di interessi e di passioni si apre tra i tre. La molla della storia scatterà intorno alla ricerca spasmodica di una intervista con il leader del Partito Comunista Indonesiano. Mentre le trame si intrecciano in luoghi fuori dalla portata dei tre protagonisti, i reporter occidentali si danno all’alcool e alla decadenza nel Wayang Club, lussuoso locale in cui si prostituiscono ragazze e ragazzi, la cui scelta di mettersi al servizio dei nekolim (ossia gli imperialisti neocoloniali) fa sì che vengono marchiati a fuoco. Il presidente auspica la cacciata degli occidentali nei grandi raduni a cui chiamava il popolo e che erano segnati da una attenta regia del presidente, che metteva in scena, con l’ausilio di forme drammatiche, il confronto tra le forze vecchie (oldefos) e quelle nuove (nefos), in una sorta di moderna sacra rappresentazione detta Konfrontasi, ossia confronto. L’elemento di maggior interesse del libro sta proprio nella difficoltà di comprensione per gli osservatori di una realtà trasformata in rituale, fascinoso e terribile a un tempo. Sukarno ama accreditare di sé l’immagine di micidiale burattinaio del destino altrui. I consigli dei ministri si tengono nella villa di campagna: i discorsi politici sono riassunti nella forma del wayang kulit, il tradizionale teatro d’ombre, di cui il despota è appassionato. Però le storie tradizionali, tratte soprattutto dall’epica indiana, sono forzate a significare contenuti assai più moderni e minacciosi, in un sinistro gioco delle parti.
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