Chiudere subito il centro di accoglienza di via Mattei, dormitorio per schiavi
Bologna L'appello del Coordinamento migranti al neosindaco Matteo Lepore
Bologna L'appello del Coordinamento migranti al neosindaco Matteo Lepore
Lo aveva promesso in campagna elettorale, e ora c’è chi pretende il rispetto di quella promessa. A Bologna il Coordinamento migranti chiede pubblicamente al neo sindaco Pd Matteo Lepore di chiudere l’hub di via Mattei, l’ex Cie poi riconvertito in un centro di accoglienza per migranti. «Va abbattuto e nemmeno ricostruito», aveva detto il primo cittadino. La sfida ora è farlo davvero.
«Convochi subito un tavolo con la Prefettura per chiudere il Mattei!», scrive il Coordinamento che ricorda «i migranti del Centro Mattei che continuano a vivere stipati in camerate, nonostante le numerose proteste e nonostante la legge Lamorgese stabilisca il superamento dei grandi centri di accoglienza a favore di forme comunali di accoglienza diffusa».
NEL 2013 IL CENTRO, all’epoca un Cpt e quindi un carcere per migranti, fu definito «il cuore di tenebra di Bologna» da parte dell’ex sindaco Merola. Fu chiuso, e poi riaperto. Non più con i migranti costretti dietro alle sbarre, ma come centro di smistamento, e poi di accoglienza. Sul tema il Comune fa sapere di essere già al lavoro per rilanciare l’accoglienza diffusa in città, e in prospettiva per riflettere sul ruolo del centro. I tempi però non saranno stretti, visto che il Mattei andrà a gara per rimanere aperto almeno per tutto il 2022.
Il coordinamento racconta come l’hub bolognese nel tempo sia diventato «il dormitorio dove le agenzie interinali reclutano migranti da far lavorare» all’Interporto di Bologna, «con contratti a chiamata e turni di lavoro massacranti». Proprio all’Interporto nelle ultime settimane un migrante di 21 anni è morto schiacciato mentre un altro ha perso sei dita.
LA RICHIESTA del Coordinamento in questo caso è di intervenire su tutti i fronti, compreso quello dei trasporti prevedendo un servizio di bus che da Bologna porti all’Interporto, non costringendo i migranti ad andarci in bici o a piedi di notte.
Il coordinamento denuncia anche la «discrezionalità amministrativa con cui il Comune ostacola le pratiche per la residenza e l’idoneità abitativa», il certificato cioè necessario «per il rilascio e il rinnovo del permesso di soggiorno, per i ricongiungimenti familiari e per poter vivere in un appartamento una volta usciti dai centri di accoglienza». Ad esempio, spiega il coordinamento, «per ottenere la residenza non basta più l’accertamento della Polizia municipale. Solo e soltanto ai migranti viene chiesto che i proprietari di casa li accompagnino all’anagrafe». (g. sti.)
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