Chiude dopo 90 anni il giornale fondato da Gramsci. Il Cdr: “Hanno ucciso l’Unità”
Editoria Dal 1 agosto non sarà più in edicola il quotidiano che fu del Partito Comunista Italiano, un pezzo di storia d'Italia del '900. Lo hanno ucciso i debiti e il nuovo partito dell'uomo solo al comando. "E' sorprendente che il Pd non sia riuscito a trovare una soluzione..." dice il direttore Luca Landò
Editoria Dal 1 agosto non sarà più in edicola il quotidiano che fu del Partito Comunista Italiano, un pezzo di storia d'Italia del '900. Lo hanno ucciso i debiti e il nuovo partito dell'uomo solo al comando. "E' sorprendente che il Pd non sia riuscito a trovare una soluzione..." dice il direttore Luca Landò
“Fine della corsa”. Così il Cdr de l’Unitàha voluto titolare l’ultimo comunicato dopo aver preso atto che la società editrice del quotidiano ha deciso di mettere fine a una storia lunga novanta anni (1924-2014). Obbligatorio, in questo caso, fare anche il nome del fondatore, un certo Antonio Gramsci, più imbarazzante invece fare i nomi degli attuali “affondatori” del quotidiano che fu del Pci e che dal 1997 è in mano ad azionisti privati (il Pd detiene solo una piccola quota). Anche se il Cdr nell’annunciare battaglia – “noi continueremo a combattere” – ormai sa bene che bisogna guardarsi soprattutto “dal fuoco amico” (il riferimento al partito “amico” è tutt’altro che casuale).
Nel frattempo, il giornale gravato dai debiti e dal calo di copie (vende intorno alle 20 mila copie) non sarà più in edicola a partire dal 1 agosto. Domani uscirà l’ultimo numero, con le pagine tutte bianche. Non è la prima volta che accade, l’Unitàaveva già chiuso nel mese di luglio del 2000, per poi riaprire sei mesi dopo.
La mazzata è arrivata ieri pomeriggio dopo l’assemblea dei soci che aveva generato qualche speranza circa la “concreta possibilità di aprire un confronto costruttivo” – così diceva il penultimo comunicato del Cdr. Invece, sono uscite solo poche righe che lasciano senza fiato ottanta lavoratori, e qualche esponente della minoranza Pd: “I liquidatori di Nuova Iniziativa Editoriale Spa in liquidazione comunicano che il giornale sospenderà le pubblicazioni a far data dal 1 agosto 2014”. Punto.
La N.I.E. è il liquidazione dal 14 giugno. L’ultimo è stato un mese di passione (con i giornalisti in sciopero delle firme che da tempo non percepiscono gli stipendi), ma evidentemente non è servito per trovare un “compratore” solido in grado di garantire un futuro all’ex giornale del Partito Comunista Italiano. “E’ sorprendente – accusa Luca Landò, direttore del quotidiano – che il Pd non sia riuscito a trovare una soluzione: avrebbe almeno potuto appoggiare il progetto di Matteo Fago” (il socio liquidatore che aveva proposto di affittare e poi acquistare la testata). Ancora più esplicito il vicedirettore Pietro Spataro su Twitter: “Chi aveva detto iostoconlunità non ha fatto nulla. Senza parole di fronte a tanto scempio”.
Più articolata ma altrettanto dura la posizione dei lavoratori espressa dal Cdr. “Dopo tre mesi di lotta – si legge nel comunicato – ci sono riusciti: hanno ucciso l’Unità. Gli azionisti non hanno trovato l’intesa su diverse ipotesi che avrebbero comunque salvato il giornale. Un fatto di gravità inaudita, che mette a rischio un’ottantina di posti di lavoro in un momento di grave crisi dell’editoria”.
La redazione però non sembra disposta ad arrendersi. “Al tempo stesso, con la rabbia e il dolore che oggi sentiamo, diciamo che questa storia non finisce qui. Avevamo chiesto senso di responsabilità e trasparenza a tutti i soggetti, imprenditoriali e politici. Abbiamo ricevuto irresponsabilità e opacità. Questo lo grideremo con tutta la nostra forza. Oggi è un giorno di lutto per la comunità dell’Unità, per i militanti delle feste, per i nostri lettori, per la democrazia. Noi continueremo a combattere guardandoci anche dal fuoco amico”.
Per Bianca Di Giovanni (Cdr), “questa è una vicenda politica molto grave”. E il responsabile è il Pd: “Anche i liquidatori hanno avuto la sensazione che si volesse arrivare a questa situazione, il Pd stesso ha preferito questa strada, è una questione che la minoranza deve affrontare”.
A proposito, attestati di solidarietà, forse fuori tempo massimo, arrivano da Stefano Fassina, Gianni Cuperlo e Alfredo D’Attorre. I tre si appellano al loro partito, o almeno a chi lo comanda: “E’ un danno pesante al pluralismo dell’informazione e al dibattito culturale e politico, è una ferita profonda per il Pd. Facciamo appello alla segreteria del Partito democratico ed ai soci della Nie, in particolare a quanti hanno le maggiori responsabilità nella società, affinché cooperino a trovare una soluzione per riportare al più presto l’Unità in edicola”. Anche l’ex segretario del Pd, Pierluigi Bersani, si schiera con i giornalisti e lo scrive con due righe su Twitter: “L’Unità deve vivere. E’ una voce che nessuno ha mai zittito”.
Attestati di solidarietà arrivano anche dalla Federazione Nazionale della Stampa, che in queste settimane affiancherà i giornalisti che continueranno a battersi per tornare a scrivere. “Ora tutti gli sforzi – scrive il presidente Fnsi Giovanni Rossi – debbono essere posti per tentare il ritorno in edicola e per salvaguardare i diritti dei lavoratori dipendenti, che da tre mesi non ricevono gli stipendi, e dei collaboratori”.
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