«Chiedo perdono ma non mi dimetto». BoJo si fa scudo con la guerra
Regno unito Partygate, il premier multato per le feste in lockdown. Giovedì si discute la mozione labour per deferirlo al Comitato disciplinare
Regno unito Partygate, il premier multato per le feste in lockdown. Giovedì si discute la mozione labour per deferirlo al Comitato disciplinare
Sono mortificato, talmente mortificato che resto in carica. Scusatemi, non sapevo che erano feste. Il Regno unito sta trionfalmente guidando il mondo anche nella lotta contro Putin e nella difesa dell’Ucraina: suvvia lasciatemi lavorare. È il distillato dell’ennesima apologia di Boris Johnson, ieri per la prima volta davanti al parlamento dopo aver ricevuto, la settimana scorsa, la multa della polizia per le festicciole plurime a Downing Street durante il lockdown del giugno 2020. E finora un solo deputato, Mark Harper, ha rotto il muro di omertà impastata a realismo eretto attorno a questo premier, annunciando di aver spedito la lettera di sfiducia al comitato Tory preposto alla scelta del leader (non si sa quante ne siano state spedite ma devono essere un minimo di 54) e che potrebbe portare a una nuova elezione interna.
Entrato ai Comuni tra ovazioni e mugugni subito dopo il rendiconto di Priti Patel della (dis)umanitaria politica di deportazione in Ruanda dei migranti, Johnson ha ripetuto ancora una volta le stra-collaudate scuse, quando avrebbe di certo preferito pavoneggiarsi raccontando la sua virile camminata da video game in mezzo alle macerie di Kiev al fianco del presidente ucraino (e che di certo ha impresso una tellurica svolta al conflitto). Ha dovuto invece ribadire di non aver mentito all’aula quando aveva negato, mesi addietro, che si trattasse di vere e proprie feste: e che ne sapeva lui, che quelle regole le aveva introdotte.
Keir Starmer ha definito ridicole le scuse di Johnson e lo ha attaccato evocando, con struggente intensità forense, il dolore e il trauma di chi si è visto morire di covid i propri cari senza poterli salutare. Ma sotto la sua vampata retorica, niente. Johnson ha una maggioranza di ottanta deputati: contenti loro, contenti tutti.
LO SPEAKER HOYLE ha comunque concesso ai parlamentari il tempo di discutere domani (giovedì) una mozione dei laburisti sull’opportunità di deferire Johnson al disciplinare Comitato per i privilegi del Parlamento. Tale comitato è composto da sette parlamentari che riflettono le percentuali di ciascun partito ai Comuni: quattro Tory, due Labour e un Snp. Deve essere presieduto da un membro dell’opposizione, in questo caso il laburista Chris Bryant. Ma può entrare in azione solo se i parlamentari votano a favore. Un procedimento farraginoso, del tutto a favore di Johnson che dietro sembra avere, a parte qualche anima bella, quasi tutto il suo partito.
L’opinione pubblica sa che è un bugiardo seriale. L’attacco russo in Ucraina aveva mitigato tale giudizio nel segno della rassegnazione, ma le multe comminategli dalla polizia (come anche al ministro del Tesoro Sunak, dalle stelle alle stalle dopo che è emerso che la moglie cittadina indiana straricca non pagava le tasse in Uk) hanno invertito la tendenza. Secondo un ultimo sondaggio della JLPartners commissionato dall’Independent, solo il 16% degli intervistati userebbe un linguaggio positivo per descriverlo e oltre il 70% lo caratterizza in termini negativi: «bugiardo» in primis, seguito da «incompetente» e «inaffidabile». Ma la paura dei cosacchi a Buckingham Palace è più forte di qualsiasi puritanesimo.
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