Lavoro

Chiedevano il salario, immigrati aggrediti e picchiati

Chiedevano il salario, immigrati aggrediti e picchiatiLavoratori ambulanti senegalesi

Diritti calpestati Per aver chiesto di essere pagati dopo cinque giorni di lavoro, due operai senegalesi presi a pugni e colpi di spranghe e catene dal titolare di una ditta contoterzista nel settore della conceria, spalleggiato dal figlio e dai suoi amici.

Pubblicato quasi 7 anni faEdizione del 7 dicembre 2017

Anche in Toscana non si contano più le brutte storie di diritti calpestati. Con protagonisti, molto spesso, lavoratori migranti. Dalla provincia di Pisa, da quel “Comprensorio del cuoio” capitale dell’industria conciaria lungo l’asse dell’Arno, la notizia dell’aggressione a due lavoratori senegalesi di una ditta di Castelfranco di Sotto, a pochi chilometri da Santa Croce sull’Arno, comune capofila del distretto. I due lavoratori sono stati aggrediti da un imprenditore, da suo figlio e da altri del “branco”, solo per aver chiesto di essere pagati dopo cinque giorni di lavoro.
“Un terribile atto di violenza fisica di tipo intimidatorio – tirano le somme la Cgil di Pisa e l’associazione Cossan legata alla comunità senegalese di Santa Croce – si è trattato di un vero e proprio agguato, con catene e spranghe, da parte di almeno sei persone”. Questi ultimi titolari e amici di una piccola azienda contoterzista del settore conciario, finiti sotto i riflettori dopo la decisione dei due lavoratori senegalesi di denunciare tutto alle autorità, grazie al sostegno legale della Cgil.
Sullo sfondo una storica comunità migrante che in questi giorni ha manifestato prevalentemente sui social la propria rabbia, fino all’emersione di un caso di violenze che certo non fa una buona pubblicità al distretto, protagonista l’anno scorso anche di una polemica mai sopita con il fondatore del “Centro Nuovo modello di sviluppo”, Francuccio Gesualdi, che proprio all’indotto santacrocese e non solo aveva dedicato un affilato dossier dal titolo “Una dura storia di cuoio”.
Un quadro a tinte fosche di un pezzo di made in Italy in cui permangono lavoro sommerso e caporalato, specie ai danni di lavoratori stranieri. “Sappiamo di una violazione della legge strisciante – commenta Gesualdi – ma tocchiamo con mano anche un contesto politico e sociale dove anche i dati ufficiali, come quelli di cui davamo conto nel nostro dossier, non riescono ad emergere. Piccoli e grandi abusi che avvengono in un contesto in cui i lavoratori non sono organizzati, sono sempre più deboli e sono ‘strizzati’, letteralmente, dal patronato. Nessuno vuole far fuori l’indotto, ma bonificarlo andrebbe a vantaggio dei più deboli e degli stessi datori di lavoro”.
La vicenda, come avvenuto anche in passato, sarà portata in Parlamento dalla senatrice toscana di Si, Alessia Petraglia, con un’interrogazione ad hoc. Anche Arci Zona Cuoio, Progetto Rebeldia e Rifondazione, da sempre impegnati nella difesa dei lavoratori migranti, si sono attivati a sostegno dei due giovani senegalesi. “Aggredire lavoratori extracomunitari che chiedono di essere pagati – prende posizione la Uil Toscana – rappresenta una escalation di violenza inammissibile, che mortifica e umilia il mondo del lavoro”. Un mondo nel quale perfino la potente Assoconciatori denuncia: “Situazioni come queste possono esistere solamente se ci sono imprenditori che danno lavoro a queste aziende: se ne servono per ridurre i costi, ed è una vergogna perché creano danni alle imprese che operano nel rispetto delle regole”.
Appena due giorni fa, con l’arresto a Livorno del capitano del peschereccio, era venuta alla luce un’altra storia quasi incredibile. Quella di un giovane, anche stavolta senegalese, imbarcato abusivamente e pagato 10 euro e un po’ di pesce al giorno. Quando la Guardia costiera stava per fermare la barca per un controllo, il capitano aveva gettato in mare il ragazzo, salvato nelle acque di Calambrone da un bagnino. Quest’ultimo aveva raccolto lo sfogo dell’immigrato, e poi lo aveva accompagnato a denunciare la vicenda.

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