«Chi non è d’accordo con i permessi trovi il coraggio di far saltare Schengen»
Intervista al viceministro degli Esteri Mario Giro «Non possiamo sentirci in colpa perché salviamo le persone. La responsabilità dei migranti deve essere condivisa da tutti gli Stati membri dell’Unione»
Intervista al viceministro degli Esteri Mario Giro «Non possiamo sentirci in colpa perché salviamo le persone. La responsabilità dei migranti deve essere condivisa da tutti gli Stati membri dell’Unione»
Viceministro degli Esteri Mario Giro, si parla della possibilità di rilasciare ai migranti permessi di soggiorno temporanei.
Il governo sta pensando a tutte le possibilità. Alcune sono state messe in campo, altre fanno parte della dialettica con l’Unione europea. Stiamo facendo un braccio di ferro e tutte le nostre buone ragioni possono essere messe in campo. Dal punto di vista giuridico contestiamo che si possa utilizzare in maniera così cieca l’articolo 13 dell’accordo di Dublino III che prevede che i migranti devono restare nel Paese in cui sono entrati illegalmente, perché queste persone che salviamo non entrano illegalmente, ma sono autorizzate.
I permessi temporanei come verrebbero rilasciati?
Rilasciare questi permessi è già nelle possibilità delle commissioni territoriali alle quali vengono sottoposte le domande di asilo, e infatti li rilasciano. Quindi non è una cosa tanto originale. Si può dare protezione temporanea per vari motivi così come permette già di farlo la legge Bossi-Fini. Ma c’è anche la possibilità, proprosta dalla Comunità di sant’Egidio, offerta dalla direttiva 55 del 2001 che però è più consensuale e viene attivata dal Consiglio europeo. Le prime due ipotesi possono essere unilaterali, la terza no. Si tratta di una misure che si può prendere in condizioni di flussi eccezionali, non legata al futuro rientro delle persone interessate.
Si parla di 200 mila possibili permessi temporanei, lo conferma?
No, i numeri sono tutte invenzioni, e al momento non è possibile farne.
Anche ammesso che le commissioni rilasciassero una serie di permessi temporanei, ciò non toglie che gli altri paesi europei potrebbero continuare a rifiutare i migranti.
Allora si assumerebbero loro la responsabilità di far saltare Schengen. Perché adesso sembra che la responsabilità di tutto sia nostra. Non accettiamo di essere trasformati nell’hotspot europeo, né di sentirci in colpa perché salviamo le persone, quindi decidere cosa fare dei migranti che arrivano è una responsabilità di tutti.
Non teme ritorsioni da parte dell’Unione europea?
Certo, ma infatti per questo dico che si tratta di un braccio di ferro. Non vorremmo arrivare a gesti unilaterali, non lo abbiamo fatto finora. Ripeto: la responsabilità di dire di no sarebbe degli altri Stati membri, con conseguenze anche per loro perché far saltare Schengen riguarda tutti.
E’ vero che il Viminale sta frenando su questa ipotesi?
Il Viminale in questo momento è molto concentrato sulla Libia, ma il governo non esclude nessuna altra iniziativa. Infatti stiamo continuando a negoziare con i paesi di origine africani sul rallentamento dei flussi.
L’Austria è tornata a minacciare la chiusura dei confini. Siamo sempre sotto ricatto.
Anche loro si sentono sotto ricatto. L’Austria ha una presenza di rifugiati in percentuale molto più alta della nostra, quasi venti rifugiati per mille abitanti in confronto a noi che ne abbiano quattro. Fa più impressione la Francia che ne ha solo 5,5. Per questo diciamo di trovare un accordo.
Quando pensa che la proposta dei permessi temporanei potrà essere formalizzata dal governo?
E’ presto per dirlo. Stiamo lavorando su tre fronti: quello libico, quello europeo e quello africano. E lo facciamo coscienti che in Italia c’è anche molta manipolazione, perché i numeri non sono così tremendi, non è vero che siamo al collasso. La prima cosa da dire è quindi abbassiamo i toni perché non siamo di fronte a nessuna invasione e le polemiche elettorali non aiutano.
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