Secondo la formula esoterica del «riunire ciò che è sparso», Raffaele K. Salinari ci regala un ultimo denso volume dal titolo Le pietre filosofali. Antologia ermetica (Il Canneto editore, pp. 141, euro 18) in cui si fa largo la scelta che l’autore ha intrapreso da molti anni: intrecciare immagini, simboli ed esperienze differenti con attività che lo determinano nella sua formazione di medico specializzato in chirurgia d’urgenza e al contempolo hanno portato a lavorare per numerose Ong di mezzo mondo.

Prima di questo libro, che anche per i non avvezzi al tema viene offerto in una forma stilistica e linguistica godibile, ne ha pubblicati altri – anfibi tra ermetismo, alchimia e scienze tradizionali – riordinando una letteratura vastissima, tra orientamento e apprendistato. Anche il contenuto del suo ultimo Le pietre filosofali si inscrive in un processo di «distillazione», come spiega nella sua puntuale prefazione Giorgio Sangiorgio, procedendo per ossimori – che sono altrettante domande umane – e sineddoche – là dove questa «pietra» può essere cercata in tutte le altre e viceversa.
Se di consistenza si tratta, sarà il caso di seguire Raffaele K. Salinari che con passo deciso ci avventura nella ierofania che la pietra rappresenta, nella sua durezza, ruvidità e permanenza della materia, assicurandosi nell’orizzonte ontologico che le fa da sfondo.

Ci si potrà trovare tra le braccia di Petrarca, Paul Valéry o Marcel Proust, e in quell’incantevole gioco delle perle di vetro di Hermann Hesse, come nel catasto universale dell’Ars combinatoria lulliana o nel sontuoso Le meraviglie della natura, di Elémire Zolla. Il viaggio paradossalmente comincia da una «visita», quella interiore in cui la domanda sulla pietra diventa motivazione e movimento essenziali per procedere.