Chi acquista carne allevata in modo estensivo aiuta la Terra
Slow Food, con il supporto scientifico di Indaco2, spin-off dell’Università di Siena, ha svolto alcune analisi sui prodotti appartenenti ai Presìdi Slow Food, per misurare – con parametri scientifici universalmente […]
Slow Food, con il supporto scientifico di Indaco2, spin-off dell’Università di Siena, ha svolto alcune analisi sui prodotti appartenenti ai Presìdi Slow Food, per misurare – con parametri scientifici universalmente […]
Slow Food, con il supporto scientifico di Indaco2, spin-off dell’Università di Siena, ha svolto alcune analisi sui prodotti appartenenti ai Presìdi Slow Food, per misurare – con parametri scientifici universalmente accettati e applicati – la loro Carbon Footprint e, di conseguenza, per valutare il loro impatto sull’ambiente.
Le differenze che hanno evidenziato le analisi condotte sono molto significative, e in alcuni casi notevoli.
Se il settore zootecnico è responsabile secondo la Fao del 14,5% dell’emissione di gas serra, va detto, infatti, che non tutti gli allevamenti sono uguali. Allevare animali da carne e da latte in modo estensivo produce, in confronto con allevamenti convenzionali in stalla, un risparmio significativo (anche in alcuni casi fino all’83%).
Il calcolo effettuato da Indaco2 ha rivelato che i prodotti dei Presìdi, oltre al valore aggiunto per i territori d’origine, esprimono un livello di compatibilità con le risorse ambientali decisamente migliore rispetto alle produzioni intensive convenzionali.
In pratica, il consumo dei prodotti da allevamenti e coltivazioni dei Presìdi è auspicabile non solo per la qualità e il gusto della carne ma anche perché evita una quantità di impatti ambientali che influiscono pesantemente sul futuro del pianeta.
In particolare, un dato va considerato con molta attenzione: gli allevamenti estensivi, che prevedono pascoli e ampie superfici coperte da vegetazione – è il caso di buona parte delle aziende dei Presìdi – hanno un vantaggio: la quantità di gas serra emessi è spesso totalmente compensata dalla capacità che hanno questi sistemi di assorbire CO2. Ovvero, i terreni ricchi di vegetazione assorbono e sequestrano carbonio in misura uguale o superiore a quello emesso in atmosfera durante i processi produttivi.
Si tratta di una compensazione naturale, che può «annullare» di fatto l’impatto dell’azienda sul pianeta, e che in alcuni casi rende l’azienda addirittura «creditrice» di carbonio.
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