Che tempo che fa, per Renzi è sempre bello
Michele Anzaldi ha appena finito di indirizzare i suoi strali contro la Rai (avrebbe dato troppa voce agli scissionisti), che già Renzi è sulla comoda poltrona, giornalisticamente parlando, di Che […]
Michele Anzaldi ha appena finito di indirizzare i suoi strali contro la Rai (avrebbe dato troppa voce agli scissionisti), che già Renzi è sulla comoda poltrona, giornalisticamente parlando, di Che […]
Michele Anzaldi ha appena finito di indirizzare i suoi strali contro la Rai (avrebbe dato troppa voce agli scissionisti), che già Renzi è sulla comoda poltrona, giornalisticamente parlando, di Che tempo che fa.
L’onorevole membro della Vigilanza enumera nel suo j’accuse le ospitate tv di D’Alema & c. da Berlinguer, Iacona, Annunziata e Floris, infine minaccia di non votare il rinnovo della concessione pubblica alla Rai.
Nell’ultimo periodo l’informazione tv è sembrata sbilanciarsi sulle minoranze Pd, ma l’impressione è che si tratti di un fatto effimero.
Guardiamo proprio il programma di Fazio.
Con una rapida ricognizione, infatti, ci si accorge che da ottobre del 2015 ad oggi la trasmissione ha ospitato pochissimi politici. In tutto nove puntate, di cui però quattro hanno visto come protagonista Matteo Renzi.
Quasi la metà, dunque, dell’informazione politica in prima serata di una trasmissione nazionalpopolare come Che tempo che fa’, in onda la domenica con ascolti alti, ha riguardato l’ex premier. Ma questo Anzaldi, come Alice, non lo sa. O finge di non saperlo. Così come finge di non sapere che una fetta sproporzionata e abnorme dell’informazione nei tiggì Rai ( con Mediaset, Sky e la7 comprese) ha riguardato in questi tre anni il governo, la maggioranza e soprattutto il presidente del consiglio.
Torniamo a Fazio.
La brutta impressione è quella che Matteo chiami (nei momenti in cui ritiene necessaria una sua apparizione alla domenica sera) e che qualcuno risponda, officiando una liturgia sperimentata. Che tra l’altro si era ripetuta nello stesso programma appena tre mesi fa, scatenando alla vigilia del referendum un mare di critiche, tanto che il conduttore era stato costretto ad invitare la settimana successiva Salvini.
Dunque da Fazio nell’ultimo anno e mezzo sono andati, ripercorrendo le date a ritroso: Gentiloni (22/1/17), Salvini (20/11/16), sempre Renzi (13/11/16), Giorgio Napolitano (22/5/16), ancora Renzi (8/5/16), Di Maio (24/4/16), Prodi (15/11/15), Veltroni (18/10/1515), di nuovo Renzi (8/10/15). Non male.
Per esercitare un po’ di memoria, e chissà se Anzaldi ricorda, è bene aggiungere che nel 2014 sempre Fazio, irrompendo nelle primarie del Pd, diede spazio a Renzi e Cuperlo, ma lasciò fuori gli altri sfidanti a cominciare da Civati.
Adesso che farà l’occhiuto Anzaldi? chiederà spazio a Che tempo che fa’ anche per gli altri candidati del «suo» partito alle primarie, Emiliano e Orlando, o resterà muto, come accadde in quelle del 2014?
E Fazio inviterà nelle prossime settimane anche gli altri due esponenti del Pd, oppure questi dovranno cercarsi spazio in altri programmi (meno visti)?
Lo stesso Fazio, quando ci saranno le primarie della destra, offrirà lo stesso trattamento ai suoi leader? Insomma, non è facile districarsi per un conduttore di programmi d’intrattenimento nei sentieri perigliosi della politica televisiva.
Una soluzione però ci sarebbe. Abolire i politici in alcune trasmissioni tv o regolarne secondo sobrietà e pluralismo la presenza debordante e soffocante, soprattutto nei formati nazionalpopolari. Non sarebbe un peccato mortale. Come per gli stipendi dei manager e degli artisti metteremmo un tetto ai politici (non alla politica) in televisione. I primi a guadagnarci sarebbero questi ultimi.
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