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«Che paura per Kast, ora con Boric tornino i diritti umani in Cile»

«Che paura per Kast, ora con Boric tornino  i diritti umani in Cile»Santiago, ottobre 2019. Una manifestante con un cartello che reca la scritta "Mai più militari nelle strade" – Ap

Pericolo scampato Intervista a Gustavo Gatica, icona «sopravvissuta» della rivolta del 2019, che ha perso la vista e quasi la vita per la repressione. Oggi al fianco del nuovo presidente. «Molte delle nostre richieste, anche culturali, sono a lungo termine. Ma ci sono cose su cui si  può già intervenire: pensioni, clima, riforma delle forze di polizia...»

Pubblicato quasi 3 anni faEdizione del 2 gennaio 2022

L’8 novembre 2019 Gustavo Gatica è diventato uno degli oltre 400 cileni che hanno subito un trauma oculare a causa della repressione statale seguita alle agitazioni sociali dell’ottobre dello stesso anno. «Visione zero», ha detto il referto della clinica Santa María di Santiago del Cile dove al suo arrivo, ricorda, un medico gli ha spiegato che una delle pallottole gli era entrata in faccia e «si è fermata a cinque millimetri dal cervello».

Potrebbe essere uno dei casi che Jorge Luis Borges aveva classificato come «drammatici» quando differenziò la sua progressiva cecità – un «lento crepuscolo» – da quelli che «perdono la vista bruscamente» perché di fatto «è una fulminazione, un’eclissi». Ma dialogando con il manifesto Gatica non ha drammatizzato, e in tono affabile ha parlato del suo rapido adattamento al Braille che gli ha permesso di continuare a studiare psicologia, della sua ricerca di «verità, giustizia e riparazione» senza vendetta – anche quando i suoi aggressori camminano liberamente per strada -, ha raccontato perché ha deciso di sostenere la candidatura di Gabriel Boric ma ha escluso di far parte del prossimo governo, nonostante sia riconosciuto pubblicamente come un’icona vivente o «sopravvissuta».

Cosa hai sentito dopo la vittoria di Boric?

L’ho vissuta in famiglia, ero molto teso. Tutte queste settimane sono state angoscianti. Ho deciso di partecipare alla campagna in modo da coinvolgere le persone, a cominciare da quelle del mio ambito, quindi in un certo senso abbiamo preso parte al processo. Abbiamo avuto un nodo allo stomaco fino all’uscita dei primi risultati, poi poco a poco ci siamo calmati e abbiamo festeggiato.

In che modo hai contribuito?

A causa della mia storia personale, mi relaziono di più con il mondo sociale e popolare e ho cercato di fare appello a quelle persone: mi sono unito a Boric nella Giornata dei Diritti Umani, sono apparso in tv e ho fatto video sui social invitando la gente a partecipare. Nel mio comune, a Colina – 30 minuti a nord di Santiago – abbiamo fatto attività con un serie di artisti.

Cosa suscitava in te l’idea di una vittoria dei Kast?

Era la paura di quello che poteva succedere. La mia famiglia e io abbiamo ricevuto minacce a casa nostra negli ultimi mesi. E abbiamo pensato a quanto si sentirebbero legittimati questi settori da un eventuale governo Kast, all’impunità con cui questi gruppi fascisti agirebbero.

Come definiresti quel momento del 2019?

Sento che il termine «esplosione» funziona molto, perché è stato come una pentola a pressione che diventava sempre più calda, e quel calore era l’ingiustizia che stavamo vivendo in questo paese. Il sistema sanitario che funziona male, le pensioni basse, il trasporto pubblico che è sempre stato pessimo. E siccome questi politici e uomini d’affari hanno continuato ad abusarne, è esploso tutto con l’aumento di 30 pesos delle tariffe dei trasporti. A pensarci adesso, a freddo, è bastato poco, ma eravamo così stanchi che quella è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Questo ha portato a un movimento sociale senza leader, in cui tutti siamo scesi in strada. Non sapevamo neanche bene il perché visto che erano tanti i motivi, e se leggevi gli striscioni, questi spaziavano dalla questione dell’acqua, ai diritti umani, al lavoro… Era un movimento sociale che attraversava il Cile, anche se l’aumento delle tariffe riguardava solo Santiago.

Quali sono gli effetti non visibili successivi alla repressione?

Nel periodo post-dittatura è stato molto evidente, c’era paura della polizia e delle forze militari. A pochi giorni dall’inizio delle proteste (primi di ottobre del 2019, ndr) circolavano immagini molto scioccanti di persone insanguinate o che venivano uccise. Ancora più scioccanti per la popolazione che ha vissuto la dittatura. Una mia collega sta valutando le conseguenze sugli anziani che hanno visto di nuovo i militari per le strade, con le armi, con i carri armati. È stato molto doloroso e li ha traumatizzati nuovamente. Questo dimostra chiaramente che non c’è stata alcuna opera di riparazione verso la società. Dopo le esplosioni sociali questo in parte è cambiato perché oggi la gente non ha più paura di loro, ma deve esserci una rifondazione delle forze di polizia affinché i diritti umani non siano più violati.

 

Gustavo Gatica con le deputate del Pc cileno Camila Vallejo e Karol Cariola durante la campagna per Boric presidente (foto di foto di Pablo Fortín Martínez)

 

Pensi che alcune delle istanze delle proteste saranno soddisfatte da Boric presidente?

Sì, penso che molte delle richieste, anche culturali, siano a lungo termine, ma ci sono senza dubbio cose su cui si può già intervenire, facendo cambiamenti progressivi sulle pensioni, il tema dell’acqua (c’è scarsità critica in alcune regioni e, dai tempi della dittatura, la sua gestione è privata, ndr), il cambiamento climatico e i diritti umani, che è ciò che mi interessa maggiormente. Sento che ho il dovere di contribuire in materia di diritti umani e fare pressione affinché vengano rispettati. In un certo senso, devo usare questo megafono che mi è stato dato, che non ho chiesto, per dare voce a coloro che non possono parlare. È una responsabilità.

Quali sono queste richieste in termini di diritti umani?

Boric ha la responsabilità di agire in due aree: una è quella di accelerare i processi giudiziari, sia quelli di recenti violazioni dei diritti umani che quelli della dittatura di Pinochet. I casi relativi alle repressioni del 2019 si stanno trascinando, i sopravvissuti stanno prendendo atto dell’impunità verso i repressori e ancora non è stata fatta giustizia. La seconda azione, più a lungo termine, ha a che fare con l’iniziare a generare politiche educative sul significato del concetto di diritti umani. Con il primo pilastro assicuriamo verità e giustizia, e con il secondo, la garanzia di non ripetizione.

Com’è una vita degna di essere vissuta?

(Pausa di riflessione, ndr) Anche se sembra molto elementare, una vita dignitosa comincia quando non si ha paura di uscire per strada e che ti succeda qualcosa. È così ovvio, ma per molti non è così, penso alle dissidenze sessuali, agli attivisti ambientali che sono stati uccisi in Cile e che hanno ancora paura. Andando più in profondità, che i nostri nonni abbiano una pensione che permetta loro di vivere, che non ci siano differenze tra ricchi e poveri, che le scuole siano decenti e non ci piova dentro in inverno e che non siano dei forni in estate. Ci sono così tante cose, ma è così che me la immagino.

Traduzione di Gianluigi Gurgigno

Errata Corrige

Intervista a Gustavo Gatica, icona «sopravvissuta» della rivolta del 2019, che ha perso la vista e quasi la vita per la repressione. Oggi al fianco del nuovo presidente. «Molte delle nostre richieste, anche culturali, sono a lungo termine. Ma ci sono cose su cui si  può già intervenire: pensioni, clima, riforma delle forze di polizia…»

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