Non c’è storia. L’Argentina del rugby è molto più forte dell’Italia, la domina dal primo all’ultimo minuto, impone il suo gioco e non le lascia scampo. Cinque mete a una, punteggio finale 37 a 16 nel piccolo e storico impianto Monigo di Treviso. Qualcuno parlerà di passo indietro rispetto al match di una settimana fa a Roma contro gli All Blacks. Ma è davvero così? All’Olimpico si era notata una buona prestazione degli azzurri nei punti di incontro e una certa qualità nella fase difensiva. Oggi quella qualità è evaporata e sono rimaste le magagne, le incertezze nella gestione dell’ovale, il gioco al piede senza costrutto, la touche che perde palloni, l’incapacità di reggere la pressione avversaria, gli errori nei passaggi. E’ bastato che i Pumas facessero i Pumas e la loro pressione – costante, ossessiva, opprimente – ha immediatamente mandato in tilt gli azzurri, spegnendone ogni velleità.

A UNA SETTIMANA dall’ultimo test match d’autunno (l’Uruguay, a Parma) l’Italia si ritrova senza certezze, senza appigli ai quali aggrapparsi. Semplicemente la squadra non ha un gioco, fosse anche brutto ma concreto. Un dato su tutti: nel primo tempo gli azzurri non sono mai riusciti a entrare nei 22 metri avversari. I due penalty di Garbisi che mantenevano il passivo (17 a 6) a un livello accettabile erano frutto di due calci piazzati a ridosso della linea di metà campo; nel mentre gli argentini erano già andati due volte in meta con Kremer (8’) e Gonzalez (27’) approfittando di errori di piazzamento della difesa azzurra. Sul gioco aereo Buffelli faceva il bello e cattivo tempo, bombardando la retroguardia italiana. Il secondo tempo iniziava come peggio non poteva. Dopo due minuti i Pumas erano in meta per la terza volta, con Moroni che sfruttava l’ennesimo cattivo piazzamento della difesa azzurra e andava in meta. Giungeva la meta italiana con Stephen Varney (47’) dopo un attacco a più fasi, Garbisi piazzava un altro penalty e le distanze si accorciavano (24-13). Poi era un monologo argentino: meta di Cordero (54’), piazzato di Sanchez (63’), meta di Facundo Bosch (76’) con una maul che ridicolizzava il pack azzurro. Il tutto sottolineato da una sagra di errori nei passaggi e nel gioco al piede da parte dei nostri giocatori.

VA RIPETUTO: la differenza dei valori tecnici e agonistici messi in campo dalle due squadre è stata netta, schiacciante, incontestabile. E qualunque possa essere il risultato contro l’Uruguay (diciassettesimo nel ranking mondiale, tre posti sotto l’Italia) la sensazione è che la notte del rugby italiano sia sempre più buia. Di progressi se ne vedono pochi, e quei pochi sono piccole ed effimere fiammelle destinate a spegnersi subito. E’ un pessimo segnale. Il Sei Nazioni che partirà a febbraio presenterà squadre che continuano a progredire: ieri l’Irlanda ha sconfitto gli All Blacks disputando una partita semplicemente strepitosa. Il mondo del rugby corre veloce, noi siamo fermi al palo.