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Chang Ping oltre la censura

Chang Ping oltre la censuraChang Ping

Imbavagliati Prima volta della Cina al festival del giornalismo civile

Pubblicato circa 6 anni faEdizione del 3 novembre 2018

Ideato e diretto da Désirée Klain e promosso dall’Assessorato alla Cultura e al Turismo di Napoli, si è svolto dal 20 al 26 settembre al PAN (Palazzo delle Arti) di Napoli. Il Festival, che dal 2015 dà voce ai reporter minacciati, esiliati e censurati nei loro paesi, quest’anno ha avuto come testimonial Beppe Fiorello accolto con particolare interesse per la petizione che chiede a gran voce la messa in onda su Rai 1 di Tutto il mondo è paese, il tv-movie con l’attore nei panni di Mimmo Lucano, il sindaco di Riace, modello di integrazione che ha fatto il giro del mondo come esempio, ora agli arresti con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e attribuzione illecita di appalti. E aveva come tema “Figli di un’informazione minore” con storie di giornalisti vittime di censura in paesi dove il bavaglio fa forse meno rumore ed in cui persino l’accesso ad Internet è negato.

Per la prima volta si è parlato anche di Cina e di Pakistan. Particolarmente atteso era quindi lo scrittore e giornalista cinese Chang Ping, che ha partecipato al convegno “C’è censura e censura: repressione e limiti della libertà di stampa in Cina, Giappone e Corea”.  Vincitore del premio Human Rights Press di Hong Kong, Ping che scrive di censura dei media e politica sui maggiori quotidiani cinesi e collabora per il New York Times, è stato ripetutamente censurato per aver affrontato questioni delicate e non gli è permesso scrivere articoli in Cina.

Sono davvero contento di avere la possibilità di essere qui e di poter parlare della situazione di censura che caratterizza l’opinione degli affari pubblici cinesi, ha esordito lo scrittore all’incontro napoletano.
Tu hai iniziato a lavorare come giornalista, poi sei diventato scrittore
Ho cominciato a fare il giornalista molto giovane. Diventai presto caporedattore di della testata giornalistica cinese “
Yangguang Shiwu Zhoukan” (L’alba degli affari correnti), pubblicata a Hong Kong. Lavoro in questo campo da più o meno trent’anni e penso che questo sarà il lavoro che mi porterò dietro tutta la vita.
Tu sei stato vittima della censura. Come credi che oggi si possa combatterla?

Bisogna fare in modo che la censura sia della parola che dei commenti scritti venga spezzata in due e lavorare duramente per far sentire le voci dei tanti: analizzare la falsità dell’autocrazia e andare a rintracciare la “password” della libertà.
Posso dividere in due parti il mio lavoro all’interno dei media cinesi: uno quello di reporter e intervistatore, l’altro di caporedattore e editore.

Quand’è che hai cominciato ad avere problemi con la censura?
Nell’aprile del 2001, c’è stato il più coraggioso smascheramento della corruzione della storia cinese. Ed ha ispirato la copertina del periodico “Nanfang Zhoumo” (Il weekend del sud), a cui sono molto legato perché rappresentava un giornalismo leale. All’epoca ero il responsabile delle news.
È una storia che riguarda la criminalità organizzata. Si tratta della banda più potente e più feroce della Cina contemporanea. Il capoclan si chiama Zhang Jun. Hanno rapinato banche, ammazzato dei poliziotti. Alla fine è stato arrestato dalle forze dell’ordine di Chongqing capitanate da Chang Wenqiang, che è diventato l’eroe di un’intera nazione. Per questo motivo tutti i media hanno cominciato ad acclamare i poliziotti e il loro coraggio. La mia squadra di giornalisti è andata ad investigare sull’esperienza di crescita di Zhang Jun e naturalmente ho pubblicato il servizio, ma ci sono state subito delle ripercussioni enormi.
Di che tipo?
Quest’eroe Wenqiang, in seguito, è stato giustiziato da Bo Xilai (membro del PCC) che poi è stato messo in prigione da Xi Jin Ping. Sto scrivendo un libro in questo periodo all’interno del quale inserirò anche i dettagli di questa vicenda.
Comunque, questo reportage insieme ad altri articoli ha fatto infuriare il dipartimento di propaganda. Il giornale per cui lavoravo, il “Nanfang Zhoumo”, è andato incontro ad una riorganizzazione generale e io sono stato licenziato. Mi è stato negato anche il visto d’entrata a Hong Kong e addirittura la polizia ha iniziato a cercarmi.
Da allora la situazione è peggiorata?
A partire dal 2008, già più di 140 Tibetani hanno cominciato a protestare contro l’oppressione e per questo si sono dati fuoco. Questi sono eventi rari, tragedie come poche che hanno segnato la storia del nostro mondo, ma il mondo appunto, non ha prestato la giusta attenzione a tutto questo.
Già prima dei fatti del 2008, e dopo la rivolta del Tibet , avevo scritto un articolo: “Tibet, la situazione reale dei sentimenti delle minoranze etniche”, in cui criticavo la censura dei media e anche il Partito Comunista Cinese che operava nell’area tibetana.
Questo non ti ha impedito di continuare a scrivere.

Da quando lavoro nel giornalismo non ho mai smesso di scrivere sui fatti d’attualità. Poiché per lungo tempo ho toccato temi molto sensibili, in Cina non mi è più permesso pubblicare articoli e libri. Quando sono arrivato in Germania, la mia famiglia rimasta in Cina prima ha ricevuto degli approcci non simpatici da parte della polizia, poi nel giugno del 2016 è stata arrestata. Quasi come fosse un ricatto, la condizione per liberare la mia famiglia era revocare un articolo scritto sul magazine tedesco Deutsche Welle riguardo una lettera pubblicata online dove si chiedevano le dimissioni del segretario generale del Partito Comunista Xi Jinping. I familiari che erano rimasti in Cina erano considerati, per quanto riguarda il loro modo di agire, come i dissidenti di oltremare. “Continuerò a scrivere, non mi fermerò” è stata la mia risposta alle intimidazioni ricevute. Tra le altre cose ogni anno, il 4 giugno, scrivo un articolo in occasione della ricorrenza del massacro di piazza Tienanmen del 1989. Il 2019 saranno passati 30 anni da quell’evento traumatico. Sono articoli che vengono pubblicati da diversi media. All’interno di molti articoli esprimo il mio pensiero sul quattro giugno e sulla guerra fredda.

Cioè?
Con i movimenti dell’89 nell’Unione Sovietica e nei paesi dell’Est Europa abbiamo avuto degli importanti cambiamenti. E tutto questo ha fatto sì che la Cina diventasse il figlio abbandonato. Molti taiwanesi, molti abitanti di Hong Kong e anche molti occidentali che erano indignati, sono stati incantati dal mercato cinese ed erano felicissimi di poter cooperare con il governo cinese. Mentre le persone cinesi erano state praticamente abbandonate a sé stesse, proprio nel momento in cui si stava abbandonando l’etica morale governativa, la repressione di Tienanmen ha convinto il governo cinese che ogni repressione potesse essere ottenuta in questo modo. E inoltre con quello che è successo dopo, il Partito ha fatto capire che con i soldi si può avere tutto in cambio. E ora il “mostro del business” sta divorando, controllando, l’intero mondo.
Il governo di Pechino in questi ultimi anni ha rafforzato e implementato il pensiero comunista, e quindi la propaganda. Ha istigato inoltre ad un duro nazionalismo e ha contribuito al fanatismo delle minoranze etniche, creando una sorta di guerra fredda del ventunesimo secolo. Che può avere delle conseguenze ancora più potenti della guerra fredda sovietico-americana.
Qual’ è la strategia del Partito per praticare la censura?
Il Partito Comunista Cinese ha effettuato un vero e proprio lavaggio dei cervelli.

Attraverso la grande stampa, da Renmin Ribao l’organo ufficiale del Partito fino al tabloid HuanqiuShibao, il Partito Comunista Cinese ha manipolato tutto, trasformando le notizie false in vere. Nel passato le scuole, i bambini, dicevano che i media erano i portavoce della verità, ma adesso la maggior parte delle persone ammettono che in realtà è il Partito Comunista ad esserlo, ed è anche la guida verso la verità e verso il futuro. Dopo il 1989, un certo tipo di ideologia ha dichiarato bancarotta. E il PCC ha cominciato a modificare il proprio modo di condurre la propaganda, dicendo che al mondo non esiste la giustizia, Non importa se tra ogni persona c’è un legame, una relazione, quello che c’è è solo un piano di cospirazione. Questa teoria proviene anche dal darwinismo, dal patriottismo e dall’educazione nazionalista. Quindi la forza dello sviluppo economico cinese ha fatto sì che in un certo senso ci si dimenticasse, ci si liberasse da quello che fu il 4 giugno.
Il punto chiave della censura non è più bloccare le notizie ma combattere per la giusta interpretazione dell’informazione, prendere il controllo di questa parte di informazione, e il Partito non sembra spaventato dalla percezione che il mondo esterno può avere riguardo a questo fenomeno.
Tu ti esprimi anche con la musica.

Si, mi piace suonare e comporre, recentemente ho registrato il mio CD. Il 30 agosto a Berlino, io e altri colleghi scrittori abbiamo lanciato il nostro album e abbiamo fatto un concerto. Sono artisti che vengono dal Brasile e dalla Germania e hanno scritto e composto questa musica sulla base dei miei articoli.
Spero che attraverso i miei scritti possa comunicare alle persone, che durante il cammino, sulla strada per la libertà di parola e di espressione, non ci sono stadi intermedi ambigui. La libertà non è altro che un processo che si deve ottenere attraverso dei confronti e non è una lotta per la supremazia. I saggi del passato dicono:” finché ci sarà anche una sola persona che sarà messa a tacere, allora nessuna persona è libera”. Ma non è solo un bellissimo slogan da poter ripetere. Se anche solo un medium sarà colpito dalla censura, allora significa che il nostro mondo non è ancora libero.

 

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