Da una parte Cgil e Uil che hanno deciso scioperi generali in ben tredici regioni, dall’altra la Cisl che ha deciso di non manifestare, facendo ritirare perfino l’adesione della propria federazione dei medici al presidio unitario di tutti i sindacati della sanità di giovedì 15 a Roma.

La spaccatura confederale è già chiara e l’incontro con Giorgia Meloni di oggi alle 12,15 non cambierà di molto le cose. Le aspettative sono basse anche in casa Cisl, conscia che la presidente del consiglio non potrà annunciare modifiche alla manovra prima di definirle con gli alleati di maggioranza. La linea però è tracciata: la confederazione guidata da Luigi Sbarra vuole mantenere un dialogo aperto con il governo per ottenere più modifiche possibili.

Cgil e Uil invece confermano la linea tenuta contro il governo Draghi ma – anche per i tempi troppo stretti – non arriveranno allo sciopero generale nazionale come invece è accaduto lo scorso dicembre. Dal 19 infatti scatta nei trasporti pubblici il periodo di garanzia natalizia e già da qualche giorno è impossibile proclamare lo sciopero per le due settimane di preavviso richieste dalla legge.

L’idea di lasciare autonomia ai singoli territori ha come vantaggio mediatico quello di avere una settimana di scioperi e manifestazioni lungo tutta la penisola. Inizierà lunedì 12 la Calabria con 4 ore di sciopero; il 13 toccherà a Sicilia e Umbria (4 ore di sciopero); mercoledì 14 la provincia di Trento e la Val d’Aosta; giovedì 15 le Marche (4 ore di sciopero) e il Piemonte mentre il grosso delle regioni si fermeranno venerdì 16: Liguria (8 ore di sciopero), Basilicata (4 ore di sciopero), Emilia-Romagna, Lombardia (4 ore di sciopero), Lazio e Toscana (24 ore di sciopero).

Nelle altre regioni – Puglia, Campania, Friuli, Abruzzo, Molise, provincia di Bolzano, Sardegna e Veneto – la mobilitazione sarà in solitaria per Cgil e Uil, a testimonianza delle diverse sensibilità territoriali.

ENTRANDO NEL MERITO, la piattaforma unitaria Cgil, Cisl, Uil è stata completamente disattesa nel testo della legge di Bilancio. La Cisl però, a poche ore dal consiglio dei ministri del 22 novembre che varò la manovra, vide elementi positivi: «È apprezzabile lo sforzo sul versante della tutela di lavoratori, famiglie e sistema produttivo», dichiarò immediatamente Luigi Sbarra. Nei giorni seguenti è arrivata la marcia indietro con forti critiche soprattutto sul fronte del taglio dell’indicizzazione delle pensioni. I “cugini” pensionati dello Spi Cgil sono stati infatti i primi a mobilitarsi fissando una manifestazione nazionale a piazza Santi Apostoli per venerdì 16 dicembre. Ma anche in questo caso la Fnp Cisl non manifesterà, mentre la Uilp si è unita alle mobilitazioni regionali con la Cgil.

LE MODIFICHE PRIORITARIE che la Cisl chiederà oggi a Giorgia Meloni sono quattro: nessun taglio alla rivalutazione delle pensioni (ora invece previsti già per gli assegni di quattro volte il minimo, pari a circa 1.600 euro netti); aumento della defiscalizzazione al 3% per i redditi fino a 35mila euro (ora è a 20mila euro annui); Opzione donna prorogata senza gli innalzamenti dei requisiti per chi non ha figli; nessuna modifica sui voucher (ora invece raddoppiati sia per importo – da 5 mila a 10 mila – che per aziende che li possono usare – da 5 a 10 dipendenti).

Solo su Opzione Donna l’intervento della ministra Marina Calderone ha già portato a modificare il testo iniziale. Per il resto Meloni non potrà accontentare la Cisl. Che dalla prossima settimana incontrerà le forze politiche – inizierà il 14 con la Lega – per cercare sponde parlamentari per le modifiche richieste.

Gli incontri con tutti i gruppi parlamentari li ha invece quasi terminati (mancano solo Italia Viva e +Europa) la Cgil che ieri ha fatto un bilancio: «Le forze di maggioranza si sono dimostrate indisponibili a modifiche sostanziali» di una manovra «inaccettabile» «che destina risorse assolutamente insufficienti per rimediare ai danni che l’inflazione sta infliggendo al mondo del lavoro», su «pensioni, precarietà, lotta all’evasione, politiche industriali, reddito di cittadinanza, welfare e lavoro pubblico si va nella direzione opposta a quella che serve», «queste le ragioni delle manifestazioni e scioperi regionali che, insieme alla Uil, terremo dal 12 al 16», conclude la Cgil.

LA UIL INVECE HA RESO NOTO lo studio che stima la differenza di imposizione fiscale tra autonomi con un fatturato di 85 mila e pensionati e dipendenti con un reddito equivalente nell’800%: fino a 27 mila euro di Irpef in meno. «Una differenza enorme che non trova giustificazione», sottolinea il segretario confederale Domenico Proietti.