Cgil e Uil rompono gli indugi. Pronte allo sciopero generale
Sindacati Landini e Bombardieri non sono andati a palazzo Chigi all’«esposizione» della manovra
Sindacati Landini e Bombardieri non sono andati a palazzo Chigi all’«esposizione» della manovra
Davanti ad un doppio «attacco alla Costituzione» la Cgil si avvicina a larghi passi verso lo sciopero generale. Che potrebbe già essere deciso mercoledì. Maurizio Landini ha deciso di disertare l’incontro a palazzo Chigi in cui il governo di Giorgia Meloni ha fatto «l’esposizione del disegno di legge di bilancio» e ha attaccato «l’uso politico del Cnel» fatto dallo stesso governo e dal suo presidente Renato Brunetta.
A MENO DI UNA SETTIMANA dalla manifestazione «La via maestra» che ha riempito Roma in difesa della Costituzione, il segretario Cgil ha dato coerenza e seguito riassumendo il comportamento degli ultimi giorni della destra al governo. «Siamo in presenza di uno snaturato delle funzioni del Cnel, chi oggi lo dirige ha scelto di fare del Cnel la terza Camera, piegando l’organo a una logica politica, partita dalla richiesta del governo che anziché dire cosa pensa e che vuole fare su salari e contratti ha scaricato il proprio ruolo sul Cnel, mettendone così in discussione l’autonomia e l’autorevolezza», incalza Landini.
La Cgil contesta in primis il metodo adottato da Brunetta: «Ci sono state forzature come mai nella storia, il Cnel è stato fatto votare a maggioranza e 39 su 64 non è neanche una maggioranza qualificata, Legacoop non ha votato, mentre Cgil e Uil rappresentano la maggioranza dei lavoratori in quasi tutti i settori». Per Landini non è un caso «che chi avrebbe dovuto pagare il salario minimo ha votato no: nessuno di loro sa cosa vuol dire lavorare a 5 euro l’ora». Brunetta parla di centralità della contrattazione? La risposta è per le rime: «La contrattazione non ci devono certo insegnare come si fa. Oggi c’è bisogno di un sostegno legislativo che rafforzi il ruolo della contrattazione».
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Civitavecchia, il corteo è un successoPoi arriva il tema più di giornata: la convocazione a palazzo Chigi sulla manovra. «Alle 19 siamo stati convocati per l’esposizione della legge di bilancio. Assieme a 17 altre categorie sociali, il tutto in una sola ora e mezzo a cui seguirà un’altra riunione con altre 17 sigle. Il 28 agosto avevamo scritto a Meloni per discutere con tutte le parti sociali che stipulano contratti. Non abbiamo avuto risposta. Non si vuole riconoscere il ruolo costituzionale alle parti sociali e ai nostri 5 milioni di iscritti.
È la stessa logica usata dal Cnel». Nel merito della manovra, Landini è ugualmente critico: «Questa manovra taglia la sanità, non combatte la precarietà, sulle pensioni torna alla Fornero facendo peggio dell’anno scorso, non prevede le risorse necessarie per il rinnovo dei contratti pubblici. Il taglio del cuneo lo abbiamo conquistato noi con Draghi, viene solo confermato per il 2024 e non diventa strutturale».
ECCO PERCHÉ LA STRADA dello sciopero generale – sebbene nell’usuale formula «Non escludiamo nulla» – si avvicina.
Mercoledì 18 ottobre la Cgil ha convocato l’Assemblea generale per stabilire come proseguire la mobilitazione sulla manovra e il salario minimo. «Abbiamo intenzione di fare questa discussione assieme alle altre organizzazioni sindacali», conclude Landini. Anche se a breve – primi giorni di novembre – la Cgil darà poi i risultati della sua «Consultazione straordinaria» dei lavoratori e della votazione sulla «mobilitazione fino allo sciopero generale».
MOLTO PROBABILMENTE della partita sarà anche la Uil, riproponendo lo schema degli ultimi due anni. Neanche Bombarieri – a Parigi per la manifestazione dei sindacati europei – ieri sera era a palazzo Chigi infatti: «Noi riuniamo i nostri organi il 17 ottobre e sicuramente la Uil porterà avanti la mobilitazione perché non c’è contraddizione tra mobilitarsi e sedersi al tavolo di confronto. Se questo ci darà la forza per strappare al governo qualcosa che è giusto per lavoratori allora bene, altrimenti prenderemo le decisioni del caso», ha detto Domenico Proietti, segretario confederale della Uil, entrando a Palazzo Chigi. Per l’esecutivo non c’era Giorgia Meloni ma il sottosegretario Alfredo Mantovano, il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, la ministra del Lavoro Marina Calderone e il vice ministro dell’Economia Maurizio Leo.
Il governo ha cercato di dare segnali alle parti sociali, ma senza successo. Spuntano nuovi tasselli, come lo stanziamento di 5 miliardi per la Pa e l’apertura a sorpresa, per quanto ancora abbozzata, sul Superbonus che riguarderebbe, secondo l’Ance, una nuova possibile proroga. Ma le novità che arriveranno lunedì in consiglio dei ministri riguardano anche la fiscalità, con una mini-Ires per agevolare chi assume. Considerata la dote in deficit (15,7 miliardi) si arriva già a tre quarti di quello che dovrebbe essere l’ammontare complessivo di questa manovra «leggera», proiettata verso una cifra intorno ai 22 miliardi.
La parte del leone la fa il taglio del cuneo, finanziato al momento per il 2024, cui si affiancano le risorse per la Pa, soprattutto per la sanità, e misure per le famiglie e la natalità. Alle pensioni un pacchetto ristretto di interventi, con la proroga di quota 103 e dell’Ape sociale un po’ ampliata e la possibile rivisitazione di Opzione donna.
«VALUTEREMO, come sempre, senza pregiudizi», dice all’uscita il segretario Cisl Luigi Sbarra, «senza furore ideologico ma anche senza fare sconti a nessuno».
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