Cesare Lombroso, Charles Darwin e il «criminale nato»
Saggi Nel suo nuovo libro «Il darwinista infedele», Paolo Mazzarello ripercorre il possibile rapporto tra il criminologo italiano e il padre dell'evoluzionismo
Saggi Nel suo nuovo libro «Il darwinista infedele», Paolo Mazzarello ripercorre il possibile rapporto tra il criminologo italiano e il padre dell'evoluzionismo
Paolo Mazzarello, che insegna Storia della medicina all’Università di Pavia, ha pubblicato per la casa editrice Hoepli un saggio dedicato a Cesare Lombroso intitolato Il darwinista infedele (pagine 184, euro 18,90).
Cesare Lombroso (1835 – 1909) viene considerato il padre dell’antropologia criminale, scienza nata in seno al contesto storico e politico italiano della seconda metà dell’Ottocento. Negli stessi anni in cui si dedicò allo studio della psiche e del pensiero umano come origine della pazzia, Lombroso condusse anche uno studio parallelo riguardante le variazioni della follia in base alle razze e alle epoche storiche. Nel 1860 comparvero in Italia le prime recensioni dell’Origine della specie, ed è probabile che Lombroso avesse saputo allora dell’esistenza del libro. La teoria dell’evoluzione di Darwin servì a Lombroso per allargare i confini nosografici e vedere le alterazioni fisiche e comportamentali degli esseri umani in una prospettiva biologica più ampia. D’altra parte, si è sostenuto che Darwin sia stato sostanzialmente ininfluente nello sviluppo delle teorie antropologiche di Lombroso. La sua elaborazione della teoria dell’atavismo come base dell’antropologia criminale, sarebbe derivata dalla tradizione naturalistica e medica pre-darwiniana.
SECONDO L’ATAVISMO, le caratteristiche biologiche che Lombroso individuò in una buona percentuale dei criminali da lui presi in analisi lo portarono ad associare questa categoria di uomini ad antenati della razza umana. Il criminale subiva, secondo le sue teorie, una sorta di regresso mentale ai suoi istinti più primordiali a causa della sua conformazione craniale ed era predisposto a compiere reati. Lombroso cercava insomma di dimostrare una predisposizione biologica al crimine. Nel 1876, Lombroso raccoglie per Hoepli una serie di propri articoli, che pubblica con il titolo L’uomo delinquente studiato in rapporto all’antropologia, alla medicina legale e alle discipline carcerarie. La prima edizione punta a dimostrare la tesi che la delinquenza è una caratteristica innata dell’individuo e che è da attribuirsi all’atavismo. Nelle edizioni successive il nucleo teorico si complica arrivando a sostenere l’analogia tra la delinquenza innata e la pazzia morale che vengono comprese dal punto di vista patologico come manifestazioni dell’epilessia. Il concetto stesso di criminale-nato, che era il cardine dell’antropologia criminale, viene progressivamente inserito in un quadro più ampio dove insieme ai fattori biologici, quelli economico-sociali determinano il crimine.
Gli ultimi due decenni del XIX secolo in Italia furono molto violenti: si susseguirono attentati e insurrezioni, che ebbero in risposta una repressione durissima in varie forme, delle quali la più nota è la lotta al brigantaggio. Il «criminale nato», non è altro che una delle possibili rappresentazioni socioculturali della devianza che Lombroso elabora ridimensionando progressivamente il peso dell’innatismo, tenendo in considerazione le determinazioni ambientali e sociali che i suoi critici lo accusavano di tralasciare.
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