Centrale Enel di Bargi, recuperato il corpo dell’ultima vittima
Le ricerche nel lago Il bilancio finale del disastro è di sette morti e cinque feriti. L’esplosione ha scaraventato brandelli di macchinari fino ai piani superiori
Le ricerche nel lago Il bilancio finale del disastro è di sette morti e cinque feriti. L’esplosione ha scaraventato brandelli di macchinari fino ai piani superiori
Le ricerche nel lago di Suviana sono finite. Col ritrovamento del corpo di Vincenzo Garzillo, 68 anni, arriva a sette il numero dei morti. Nella centrale idroelettrica di Bargi sull’appennino bolognese, dove martedì si è verificata una violenta esplosione, non ci sono più dispersi da cercare. Il bilancio finale, assieme ai deceduti, conta anche cinque feriti. Uno di loro, il 35enne Jonathan Andrisano, da ieri mattina è fuori pericolo.
Rimane da capire cosa sia successo.
La centrale era stata costruita nel 1975 da Enel. Oggi la gestisce Enel Green Power, la controllata del gruppo che si occupa di fonti rinnovabili. È la più potente in Emilia Romagna con una potenza di 330 megawatt. La sua funzione strategica dipende anche dal collegamento con un altro lago, quello del Brasinone. Quando la rete elettrica necessita di energia l’acqua scorre naturalmente nelle turbine, che ne usano il movimento per generare corrente. Quando viceversa c’è elettricità in eccesso, la centrale pompa l’acqua verso il bacino più alto, che funge così da accumulo.
L’impianto si sviluppa sottoterra, circondato dalle acque. Si compone di 10 piani, per una profondità di 70 metri. L’esplosione è avvenuta al piano meno 8, dove poi si è sviluppato l’incendio. I due inferiori, meno 9 e meno 10, si sono allagati di conseguenza.
I punti fermi in questa fase sono pochi. Si sa che l’esplosione è stata tale da scaraventare pezzi di macchinari fino ai piani superiori. Si sa da diverse testimonianze di un odore acre seguito allo scoppio. Si pensa – ma su questo gli investigatori rimangono prudenti – che alcune vittime siano morte mentre tentavano di scappare. La Procura di Bologna ha aperto un fascicolo per omicidio colposo e strage a carico di ignoti. I primi esami post mortem su tre dei corpi indicano che il decesso sarebbe avvenuto per la violenza dell’esplosione. Per questo su di loro non verrà fatta l’autopsia. Gli investigatori sperano in più informazioni dalla scada, l’equivalente di una scatola nera, già in loro possesso. I piani coinvolti direttamente dall’incidente saranno posti sotto sequestro, mentre i livelli superiori rimarranno nella disponibilità della proprietà.
Non risultano precedenti vicini per un evento del genere, e nessuno si sbilancia sulle cause. Un ex manutentore della centrale, intervistato da Repubblica, racconta che all’ottavo piano interrato si trovava anche l’olio lubrificante. «Ma incendiarlo non è semplice, non credo che l’esplosione possa essere stata generata da lì» spiega. Per i tecnici il punto più delicato sarebbe l’alternatore, ovvero il componente deputato a trasformare in energia elettrica l’energia meccanica delle turbine. In attesa di novità dal campo, intanto, si è acceso il cronico dibattito sui morti sul lavoro. I sindacati, ieri in piazza, parlano di «strage degli appalti». I lavori di ammodernamento in corso al momento dell’incidente erano stati affidati dal gestore a quattro multinazionali del settore: Abb, Voith Hydro e Siemens. Quest’ultima avrebbe coinvolto altre due imprese italiane più piccole. Mario Pisani, la più anziana delle vittime, era lui stesso proprietario di una delle aziende presenti, la Engineering automation srl, ditta per cui lavoravano anche altre due vittime.
Enel Green Power, per bocca del suo ad, difende la compagnia: «Non c’era nessuna catena di subappalti. Parliamo di competenze altissime». La destra di governo, intanto, fa capire di non avere in programma interventi sul tema. Lucia Ronzulli, vicepresidente del Senato in quota Forza Italia, alla trasmissione mattutina Agorà attacca: «Landini sciopera con le ricerche ancora in corso, è il solito sciacallo».
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