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Austria agli immigrati: «Centinaia di soldati alla frontiera»

Austria agli immigrati: «Centinaia di soldati alla frontiera»

Europa Vienna annuncia di voler schierare l’esercito al Brennero contro i migranti. E intanto papa Francesco vola a Lesbo

Pubblicato più di 8 anni faEdizione del 6 aprile 2016
C. L.ROMA

«L’esercito austriaco è pronto per un intervento rafforzato e ha anche pianificato forze aggiuntive. Se necessario, sono pronte alcune centinaia di soldati, un numero che potrebbe anche essere accresciuto». Parole che suonano come l’inizio di una guerra di confine e che avrebbero potuto benissimo essere pronunciate all’inizio del secolo scorso. Invece a parlare così è stato ieri ministro della Difesa austriaco Hans Peter Doskozil ribadendo la volontà del governo guidato dal cancelliere Werner Faymann di chiudere il valico del Brennero per impedire l’ingresso nel paese di possibili migranti provenienti da sud. «Il numero di profughi al valico è già aumentato in modo pazzesco», ha spiegato il ministro.

Venerdì l’ormai sempre più probabile rafforzamento dei controlli austriaci alla frontiera con l’Italia sarà discusso dal ministro degli Interni Alfano con la collega austriaca Johanna Mickl-Leitner, ma ieri né dal Viminale né da palazzo Chigi sono arrivati commenti all’annuncio fatto da Doskozil. E difficilmente Alfano riuscirà a far cambiare idea alla ministra di Vienna, considerata una dura nello scegliere i mezzi per affrontare la crisi dei migranti.

L’Austria è stato il primo paese ad annunciare controlli alla frontiera con la Slovenia per mettere fine ai flussi di migranti che risalivano la rotta balcanica, una decisione che ha dato il via all’effetto domino che ha portato alla chiusura uno dopo l’altro di tutti i confini balcanici fino alla Macedonia. Il nuovo fronte su cui Vienna ha deciso adesso di dare battaglia è quello italiano, con tutte le ripercussioni non solo politiche, ma anche economiche che ne deriveranno. Reintrodurre i controlli alla frontiera significa infatti paralizzare il traffico merci e il turismo, con pesanti ripercussioni anche sulle popolazioni locali abituate ormai da anni a fare avanti e indietro con l’Austria senza alcun ostacolo. Una possibilità che a febbraio, quando Vienna ha ventilato per la prima volta una possibile sospensione di Schengen con relativa chiusura della frontiera, non a caso ha fatto fare un salto sulla sedia a più di un funzionario della Camera di commercio di Bolzano. E ieri a reagire all’annuncio di «centinaia di soldati» pronti per essere schierati oltre la linea di confine è stato il governatore altoatesino Arno Kompatscher, indignato per la «retorica guerresca» utilizzata dal ministro della Difesa austriaco.

Da un confine all’altro, dai valichi di montagna italiani alle isole della Grecia dove da lunedì hanno preso avvio i respingimenti in Turchia dei migranti economici come previsto dall’accordo tra Bruxelles e Ankara. Un accordo siglato sulla pelle dei migranti che alla chiesa non è mai piaciuto. Sarà anche per questo che nel prossimo fine settimana papa Francesco si recherà sull’isola di Lesbo da dove partono i respingimenti. A renderlo noto è stata ieri la stampa greca, ma la notizia è stata confermata successivamente dal Vaticano pur precisando che il viaggio è ancora in preparazione.

L’attenzione del pontefice alle sofferenze die migranti è nota. Non a caso il suo primo viaggio ufficiale Francesco ha voluto farlo a Lampedusa, isola simbolo della tragedia di quanti fuggono dalla guerra, ma anche dalla miseria. Era l8 febbraio del 2013 e non fu centro l’unico gesto di attenzione verso i migranti. A febbraio scorso, nel corso del suo ultimo viaggio ha voluto celebrare messa a Ciudad, davanti a un’altra frontiera calda come quella tra messico e Stati uniti. Ma anche il 24 marzo scorso quando, al Cara di Castelnuovo di Porto, si è inginocchiato a baciare e lavare i piedi dei profughi siriani. Gesti altamente simbolici con i quali la chiesa mostra di voler essere vicino al dramma dei profughi , ma anche la mancata condivisione proprio dell’accordo tra Ue e Turchia. La visita a Lesbo è quindi anche una denuncia di quel patto che ieri monsignor Giancarlo Perego ha definito «una sconfitta per l’Europa». Sconfitta resa più amara dalla denuncia fatta dell’Unhcr secondo la quale 13 degli oltre 200 migranti respinti lunedì in Turchia non hanno avuto la possibilità di presentare formale richiesta di asilo.

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