«Cellophane Memories», le malie di David Lynch dentro canzoni struggenti
Musica Esce il disco del regista in coppia con Chrystabell. Una serie di memorie che non si succedono in un flusso di (in)conscienza ma di distendono in un panorama fermo e orizzontale.
Musica Esce il disco del regista in coppia con Chrystabell. Una serie di memorie che non si succedono in un flusso di (in)conscienza ma di distendono in un panorama fermo e orizzontale.
Ricordi, diafani e quasi effimeri nella trasparenza di una pellicola di cellophane, una serie di memorie che non si succedono in un flusso di (in)coscienza ma si distendono in un panorama fermo e orizzontale, formando un insieme statico, l’idea di una musica quasi immobile che non trascorre da una canzone all’altra ma le avvolge. Cellophane Memories, il secondo album di David Lynch con la cantante e attrice Chystabell è un oggetto che parrebbe all’ascolto impreciso e indefinibile, fumoso ma di un fumo oppiaceo, e potrebbe illudere di essere meno ispirato e riuscito del precedente This Train; ma si tratta appunto solo di un inganno, di una malia per l’orecchio provocata da questa musica quieta in un’assenza quasi totale di ritmica. Cellophane Memories è invece un disco stupefacente persino nella sua fissità, nelle armonie strumentali più che minimali, suoni del silenzio che fungono da tappeto alle anamnesi emozionali di Chystabell, la cui voce bellissima sembra risuonare in uno stato di ipnosi non psicoterapeutica ma nell’accezione ellenica, uno stato di sopore cosciente.
ECCO, in Cellophane Memories le affinità e la dialettica musicale tra Lynch e Chrystabell paiono alludere a qualcosa di ancestrale, al torpore mitico di un dialogo notturno tra Hypnos e Pasitea. C’è un contrappunto perpetuo nel cantato di Chystabell, la cui voce si duplica e si triplica, si riavvolge su se stessa in una polifonia solitaria o una monodia che si sovraimprime ad altre in un procedimento che è più filmico che musicale, prodigi di un sound design eccezionale del quale Lynch ha già dato prova di essere maestro.
SOPRATTUTTO in quello straordinario e fluviale film di diciotto ore (impossibile definirlo una serie televisiva) che è la terza stagione di Twin Peaks. Dieci canzoni di memorie amorose, sempre confuse in una calma lisergica e onirica che con un incanto improvviso sembrerebbe agitarsi, per poi ricomporsi subito nella sua comunque turbata tranquillità, solo in The Aswers to the Questions, la canzone che ricorda i timbri e le melodie con cui lo scomparso Angelo Badalamenti ha fatto suonare il cinema di Lynch.
DA ASCOLTARE con degli auricolari, magari con l’opzione per un audio tridimensionale per sentire le «voci» di Chrystabell giungere, andarsene, ritornare e sostare negli spazi del panorama sonoro, Cellophane Memories non è un album fatto per sorprendere, per stupire chi lo ascolta, che invece vi troverà la conferma confortante che le malie di Lynch non sono solo esclusiva del suo cinema Tuttavia questa opera nuova di Chrystabell e Lynch non è qualcosa di visionario, suoni che si «vedono» come in un poema sinfonico romantico, ma musica pura, al limite lirica come potrebbe essere un ciclo di Lieder di Schubert.
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