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C’è una filastrocca da imparare. Sul Coronavirus

I bambini ci parlano Vi ho letto questa poesia di Roberto Piumini che si intitola Cos’è che in aria vola. Mi sapete dire di cosa parla? Mi diet se vi è piaciuta? Si o […]

Pubblicato più di 4 anni faEdizione del 11 giugno 2020

Vi ho letto questa poesia di Roberto Piumini che si intitola Cos’è che in aria vola. Mi sapete dire di cosa parla? Mi diet se vi è piaciuta? Si o no? E perché?
«Parla delle malattie». «Parla che ti devi lavare le mani con l’acqua e il sapone». «No parla del coronavirus». «Io lo so cosa è!» «Anche io!» «Lo posso dire io? Perché noi non possiamo andare a scuola! E’ quello!» «Perché è una malattia che tu dopo, se stai vicino, con la bocca, con la saliva, con gli sputi, ti ammali. Ti puoi ammalare molto. Puoi anche morire». «Ma non i bambini. Solo i vecchi!» «No, anche i ragazzi. Anche i bambini. Tutti. Solo i cani e gli altri animali non si ammalano». «E’ una filastrocca». «A me non molto perché parla della malattia, non di una cosa bella».

«E’ una poesia per spiegare cosa è il coronavirus». «Anche mia mamma me lo ha detto. Poi mio padre. Poi anche alla tv. Parlano tutti di questa malattia perché è molto famosa in tutto il mondo». «E’ come l’influenza, solo che dopo non riesci più a respirare bene e dopo, se non respiri bene, se sei vecchio che già i vecchi fanno fatica a respirare, non tutto, ma alcuni fanno sempre un po fatica e insomma, dopo puoi anche morire». «A me è piaciuta per il ritmo, per le parole».

A me però piacerebbe che voi non mi parlaste di quello che avete sentito dire alla tv o dai vostri genitori su questa malattia, ma cosa dice questa filastrocca. Ve la rileggo. E poi vi chiedo… Per esempio, a cosa è paragonata questa malattia?

«È come un moscerino che gira nell’aria. Come una zanzara che ti può pungere». «No, un’ape!» «L’ape fa più male della zanzara, se ti punge!» «Coronavirus è il nome della malattia». «Ah, io ho capito! E’ come… dice che è un tipaccio piccolino. Tipo un microbo. Che non si vede». «Anche velenoso. Perché gira nell’aria e ti può avvelenare». «E’ invisibile vuol dire che non si vede. Invece velenoso vuol dire che ti fa stare male». «E’ leggero vuol dire che è leggero come una piuma». «A me piace quando dice quel tipaccio. «Spiega che tu devi metterti una mano davanti alla bocca quando starnutisci. Altrimenti puoi sputare con i tuoi spruzzi del naso». «No, non con la mano. Devi fare lo starnuto nel gomito del braccio, così!» ««A me tutte le filastrocche fanno ridere». «Se non vuoi ammalarti, devi metterti le mascherine davanti al naso e alla bocca. Me lo ha detto mia mamma». «Questa filastrocca a me non è piaciuta perché… Non è triste, però….

Non lo so, ma non mi è piaciuta perché non mi faceva ridere». «Ti piega cosa devi fare con il Coronavirus. Bisogna anche lavarsi le mani con il sapone e l’acqua calda. Più è calda e meglio è». «Io non me le devo lavare solo un secondo o tre secondi ma contare fino a dieci». «Poi dice che non ti devi toccare gli occhi con le mani». «La filastrocca dice che non devi toccarti gli occhi, il naso e la bocca con le mani perché poi magari non te le sei ancora lavate e allora sono sporche e allora ti puoi ammalare con la sporcizia». «Anche per giocare devi stare un po’ lontano». «Non puoi abbracciarti, per esempio. Neanche i grandi». «Bisogna stare lontani. Senza toccarsi». «Anche i baci».

Qualcuno di voi mi ha detto che nella filastrocca non si parla di mascherine, invece se ne parla. Vi rileggo la parte finale, vediamo se qualcuno lo scopre.
«Ah, io ho capito! quando parla del Carnevale!» «Forse perché noi l’ultima volta che siamo andati alla scuola vera, non questa al computer, noi avevamo fatte le maschere con il cartone, le avevamo colorate, eravamo andati fuori nel prato a fare le foto». «Ma no, perché c’è scritto che non è Carnevale, quelle sono le mascherine, non le maschere, quelle per coprire il naso e la bocca». «A me questa filastrocca è piaciuta molto». «Anche a me!» «Questa filastrocca per me era fantastica!» «Io quelle mascherine le avevo già viste in un film anche quando non erano famose. Alla tv, le avevo viste. Non sono le maschere di Carnevale».

«Sì, anche io avevo visto che alcuni dottori avevano quella mascherina, però adesso mio papà ne ha comperate cento e le abbiamo anche noi». «Cento?» «Perché si consumano, ha detto. Perché quando le usi una volta, dopo… Dopo ne prendi una nuova». «Poi la poesia dice che non puoi andare a scuola o a giocare al parco ma devi stare in casa».

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