Il Consiglio di Amministrazione di Cassa Depositi e Prestiti ha approvato la cessione del 35% del capitale sociale di Cdp Reti, per un corrispettivo pari a 2,1 miliardi di euro, a State Grid International Development Limited (Sgid), società interamente controllata da State Grid Corporation of China (Sgcc). Cdp Reti è la società che già controlla il 30% di Snam (il gas) e, presto, anche il 29% di Terna (energia elettrica). Nelle prossime settimane, la Cassa procederà con il processo di dismissione del restante 14% di Cdp Reti ad altri investitori istituzionali italiani, senza diritti di governance, quali, ad esempio, fondazioni bancarie, fondi pensione e casse di previdenza. Un nuovo tassello del piano di privatizzazioni, che, secondo il premier Renzi e il ministro dell’Economia Padoan, dovrebbe servire alla riduzione del debito pubblico: infatti, come chiunque può constatare, grazie a questa operazione il nostro debito pubblico dagli attuali 2166 miliardi (con una crescita di 20 miliardi al mese nel solo 2014) scenderà vertiginosamente a 2164 miliardi, avendo nel frattempo reso quasi irreversibile la privatizzazione delle reti energetiche strategiche del Paese.

Contemporaneamente, prosegue la trasformazione del Fondo Strategico Italiano, veicolo di Cassa Depositi e Prestiti per investire in aziende italiane allo scopo di favorirne la crescita a livello dimensionale e in campo internazionale. Dopo la joint venture da 2 miliardi di euro siglata con Qatar Holding LLC nel marzo 2013 per investimenti nel «made in Italy» (moda, alimentare e turismo), è stata recentemente stipulata una nuova alleanza, questa volta con la Kuwait Investment Authority, che ha acquisito il 23% del capitale del Fondo Strategico Italiano e relative quote di partecipazioni azionarie. Per un fondo nato per difendere – Bassanini docet- l’italianità della produzione, non c’è che dire: una piccola, irrilevante trasformazione.

Ma altre sensibili svolte sono in campo, questa volta relative alla svendita del patrimonio pubblico. Un recente decreto del Ministero dell’Economia ha infatti ampliato il campo d’azione del Fondo Strategico Italiano, consentendo allo stesso di investire anche nel settore turistico-alberghiero e nella gestione dei beni culturali e artistici. Con questo provvedimento, si chiude il cerchio della privatizzazione del patrimonio pubblico: i Comuni al collasso non vedono l’ora di mettere sul mercato il proprio patrimonio; per aiutarli nella vendita, Cdp, attraverso il Fondo Investimenti per la Valorizzazione – comparto Plus e comparto Extra – valorizza e acquista gli immobili, i quali, una volta acquisiti, potranno passare al Fondo Strategico Italiano per operazioni pubblico-privato di investimento turistico-alberghiero.

Da qualunque parte la si osservi, Cassa Depositi e Prestiti, nata come ente pubblico per raccogliere il risparmio postale e finanziare a tasso agevolato gli investimenti di interesse generale degli enti locali, è oggi divenuta un player a tutto campo, sempre più lontana dai bisogni dei cittadini e delle comunità locali e sempre più al servizio degli interessi finanziari locali e multinazionali.
Restano senza risposta due imprescindibili domande: a) si può lasciar decidere la strategia industriale di un Paese a una società privata, libera di perseguire i propri interessi di profitto, qualunque essi siano, nei settori che appaiono più interessanti e senza vincoli di alcun tipo? b) E ancora: se questo è il ruolo attuale della Cassa Depositi e Prestiti, è accettabile che le priorità di intervento nel sistema industriale ed economico del Paese non vengano stabilite nelle sedi deputate e che i mezzi per perseguirle escano dal controllo pubblico?
* Attac Italia