Cayo Lara (Iu): «A sinistra un patto di unità popolare»
L'intervista Cayo Lara (Izquierda unida) e il «modello Barcellona» per le politiche: «A vincere o perdere non sono i partiti, ma chi vuole scalzare la destra»
L'intervista Cayo Lara (Izquierda unida) e il «modello Barcellona» per le politiche: «A vincere o perdere non sono i partiti, ma chi vuole scalzare la destra»
«Le circostanze e l’elettorato impongono alle sinistre un governo d’unità popolare. Chi non lo capisce commette un grosso errore». Cayo Lara, dal 2008 coordinatore federale di Izquierda unida (Iu), tende la mano a Podemos, che però risponde picche. In un’intervista di due settimane fa al giornale digitale Público, Iglesias ha criticato duramente la storica formazione di sinistra radicale e ha chiuso la porta a qualsiasi tipo di collaborazione, nonostante il bacino di voti di Iu potrebbe essere cruciale per l’esito delle elezioni politiche di novembre.
Sembrerebbe che non ci sia modo di trovare un’intesa con Podemos…
Da parte nostra c’è la piena volontà di creare un’alleanza tra tutte le forze di sinistra, con l’obiettivo di sferrare il colpo di grazia al bipartitismo. Mi pare che sia la scelta più sensata, tenendo in considerazione il sentimento popolare e il successo ottenuto dalle liste di convergenza alle amministrative (a Barcellona, per esempio). Però ovviamente non dipende solo da noi. Iu è aperta ad un patto con Podemos e con tutte le forze progressiste, e stiamo lavorando proprio su questa linea: speriamo che dall’altra parte il messaggio venga recepito e i dirigenti di Podemos dimostrino finalmente responsabilità e ampiezza di vedute.
Il precedente di Madrid alle amministrative solleva il problema dell’identità di Iu in un’eventuale coalizione che comprenda Podemos. A cosa siete disposti a rinunciare?
Iu non avrebbe nessun problema a rinunciare alla sua sigla per creare un partito unitario in cui confluiscano le identità di tutti i componenti. Però una cosa è l’alleanza, un’altra è l’assorbimento. Nella capitale Podemos ha preteso che le altre sigle si diluissero nella lista Ahora Madrid rinunciando alla loro specificità, e questo ha ostacolato l’accordo. Detto ciò, è vero anche che la dirigenza di Iu Madrid (in conflitto da anni con la direzione centrale ed espulsa poco dopo le elezioni, ndr), non ha percorso la strada dell’intesa con adeguata determinazione, come è successo a Barcellona, che resta il modello di quello che potrebbe essere il partito d’unità popolare per le Politiche.
Però sembrerebbe che questa volontà di convergenza non sia corrisposta. Pablo Iglesias nell’intervista a Público ha dichiarato: «Che si tengano la bandiera rossa e ci lascino in pace. Noi vogliamo vincere».
Il fatto è che a vincere o perdere non sono tanto i partiti, che sono strumenti nelle mani dei cittadini, quanto piuttosto la classe lavoratrice, la maggioranza sociale. Un partito unitario avrebbe più possibilità di governare e quindi di scalzare le destre dal governo per invertire finalmente le politiche neoliberiste del Pp. E questo è ciò che conta, nel rispetto della volontà e degli interessi dell’elettorato di sinistra.
L’eventuale coalizione con Podemos farebbe saltare la candidatura alla presidenza del governo della giovane speranza di Iu Alberto Garzón, in favore di Pablo Iglesias. Sarebbe un problema?
Qualsiasi questione è subordinata al raggiungimento di un’alleanza. Nel caso che si costituisse un partito unitario bisognerebbe convocare delle primarie per scegliere un candidato di consenso, e Iu, come gli altri, non potrà che prendere atto del risultato.
Le amministrative sono state un duro colpo per Iu: in alcune regioni (come Madrid) ha perso addirittura rappresentanza in parlamento. Che cosa è successo?
Innanzitutto abbiamo sofferto l’irruzione de nuovi partiti, soprattutto di Podemos, che ha capitalizzato l’esasperazione e la voglia di novità dell’elettorato, invadendo lo spazio politico di Iu. E poi ovviamente abbiamo pagato errori nostri: le lotte interne, una certa lentezza di reazione ai cambi sociali, errori politici. Però siamo lontani dalla lettura catastrofista fatta dalla maggior parte dei media. In alcuni casi, come nella Comunidad Valenciana, l’uscita dal parlamento è stata determinata da un calo dell’1% soltanto. È vero che abbiamo perso «feudi» importanti a livello regionale, ma a livello comunale abbiamo ottenuto un ottimo risultato, soprattutto se si considerano i comuni in cui Iu si è presentata in liste unitarie. In totale abbiamo ottenuto il 10% del voto municipale, un capoluogo di provincia (Zamora, ndr) e il numero più alto di consiglieri dal 1995 (3.200 contro i circa 2.000 di prima).
Però, visto il momento storico, non si può dire che sia un buon risultato. Se aveste intercettato meglio e prima il malcontento della popolazione, adesso occupereste il posto di Podemos?
E infatti fino alle Europee – l’esordio di Podemos – eravamo in crescita, con previsioni intorno al 13% e addirittura del 20% a Madrid. Però l’ascesa di Podemos è stata favorita da alcuni fattori. Il primo, costitutivo: la duttilità ideologica che permette di adattare il discorso politico alle circostanze. Gli altri esogeni: l’appoggio di certi mezzi di comunicazione, che ha generato un effetto chiamata che ha aperto a Podemos uno spazio mediatico enorme: più grande di quello che abbiamo mai avuto noi in tutta la nostra storia. E l’appoggio esplicito dell’establishment, che preferisce incanalare il malcontento in una forza liquida come Podemos piuttosto che in una ideologicamente marcata come Iu. Non dirò il nome, ma un alto esponente del potere economico mi ha detto: «Con Podemos, ci è scappata la mano».
E Ciudadanos?
Ciudadanos è un succedaneo del Pp, creato ad hoc per incanalare verso un partito amico lo stillicidio di voti che i Popolari stanno soffrendo a causa degli scandali di corruzione. Non è un caso che il partito di Rivera abbia appoggiato quasi ovunque governi del Pp.
Lavoro universale garantito. Di che cosa si tratta?
Si tratta di un piano per cambiare il modello produttivo. Un dato: la Spagna ha una spesa pubblica annuale di 50 miliardi di euro (5 punti di Pil) inferiore alla media europea. Questo margine economico può essere usato per creare posti di lavoro nel settore statale, potenziando i servizi sociali, ridotti ai minimi termini dal Pp. A livello europeo, in alternativa al piano Juncker, proponiamo un piano a 10 anni con un investimento complessivo di 2 mila miliardi da parte della Banca europea degli investimenti: potrebbe generare 11 milioni di posti di lavoro in tutta la Ue.
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