Caudo: «A Roma serve coraggio. Gualtieri figlio del Pd che cacciò Marino»
Intervista Il presidente del III municipio e candidato alle primarie: «I dem hanno silenziato la sfida, ma così il vincitore sarà azzoppato»
Intervista Il presidente del III municipio e candidato alle primarie: «I dem hanno silenziato la sfida, ma così il vincitore sarà azzoppato»
Giovanni Caudo, classe 1964, siciliano di nascita, presidente del III municipio di Roma, già assessore all’Urbanistica con Ignazio Marino, docente di politiche Urbane al Dipartimento di Architettura a Roma Tre. Candidato alle primarie del centrosinistra del 20 giugno per il candidato sindaco di Roma, una storia di sinistra ma senza partito.
Per sostenere lei Marino è tornato dagli Usa. È il candidato della rivincita del sindaco chirurgo?
Ma no, da tre anni faccio il presidente di municipio, ho la mia autonomia, pensi che con Marino siamo diventati davvero amici dopo che è stato cacciato.
Condivide le sue critiche al Pd?
La cacciata del sindaco è stato un atto violento, una ferita ai danni di tanti romani, anche militanti del Pd. E non è mai stata affrontata davvero, non c’è stata una vera elaborazione.
Come sono i suoi rapporti con i dem?
C’è una parte del partito che con Marino sconfisse il consociativismo che c’era stato con Alemanno, e di cui siamo interlocutori. Loro stessi vedono il rischio del ritorno di quelli di prima, quelli della finta opposizione alla destra, che non volevano scelte radicali, che preferivano far finta di innovare senza cambiare niente. Penso ai rifiuti, che possono diventare una risorsa se metti in piedi un meccanismo industriale che metta insieme Ama, Acea, Eni.
Perché non si fa?
Perché Ama, pur pubblica al 100%, distribuisce 500 milioni di subappalti e alimenta così un sistema di potere che riguarda anche il centrosinistra. Un sistema di rendita parassitaria che non si vuole cambiare.
Lei cosa farebbe?
Serve coraggio, scelte radicali. Raggi ha governato male ma non è l’artefice di tutti i guai di Roma. La città si trascina da decenni fingendo di poter campare con i ministeri e la rendita immobiliare dei costruttori. Non funziona più, ma in 25 anni non siamo stati in grado di costruire un’alternativa come invece ha fatto a Torino negli anni Novanta Valentino Castellani per il dopo Mirafiori. Questo è un territorio più ricco di come viene raccontato. Con un patto tra istituzioni, ricerca, imprese si può avere uno sviluppo diverso.
L’immobilismo colpa del Pd?
Come diceva Vendola in Puglia “per battere la destra abbiamo dovuto battere la sinistra”.
Anche Gualtieri?
È stato proposto da quella parte del partito che non ha saputo e voluto costruire questa agibilità politica, e che ha deciso di mandare a casa Marino. Sono quelli che stanno tornando. Gualtieri è una persona garbata, ma è figlio di una manovra di vertice, non ha nulla a che fare con la nuova classe dirigente che negli anni a Roma è venuta fuori.
Perché queste primarie sono così sotto tono?
In 5 anni di opposizione non si è stati capaci di costruire una alternativa politica. Quando ho vinto nel III municipio tutti a sinistra parlavano di laboratorio, di civismo da valorizzare, ma poi non li ho più visti.
Sempre nel 2018 Amedeo Ciaccheri riconquistò l’VIII minucipio. Eravate i due outsider di sinistra e vincenti. Perchè non avete fatto squadra?
La domanda va girata a Ciaccheri e a Liberare Roma, il suo movimento. Io sono sempre stato disponibile. Ma loro prima hanno puntato su Calenda, poi su Monica Cirinnà.
Anche la loro candidata Imma Battaglia rivendica l’eredità di Marino.
Vedo tanti che ora si contendono quell’eredità. Ma quando fu cacciato quelli che erano lì con lui si possono contare sulle dita di una mano.
Queste primarie saranno solo un rito stanco e scontato o c’è la possibilità di sorprese?
Tutto fa pensare a una inutile liturgia. Quest’anno non hanno neanche voluto fare il confronto tv, hanno scelto di silenziare tutto, quasi fosse un appuntamento clandestino. Perché se vota solo l’apparato il risultato è sicuro. Se invece ai gazebo andassero i cittadini sarebbe diverso.
Il silenzio serve a Gualtieri?
Una illusione. Se i gazebo sono un flop il vincitore parte azzoppato e rischia di perdere le elezioni. È un’altra scelta suicida del Pd. Gualtieri doveva imporsi per evitare questo schema.
Lei che farà dopo se perderà? Si ricandiderà al municipio?
Farò il presidente fino a ottobre, poi tornerò all’Università. Come tutti gli altri sosterrò il candidato vincente, abbiamo firmato…
Che effetto le ha fatto la scena di Letta e Gualtieri a Tor Bella Monaca con 50 persone?
La gente ha bisogno di interlocutori che fanno quello che dicono. Se non succede poi non ti credono più. Io giro tutti i giorni per la città, ormai non sono un’estraneo neppure fuori dal mio municipio.
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