Più che la minaccia di guerra nucleare poté quella di revisione del catasto. Su quel passaggio della delega fiscale da sempre oggetto di contesa all’interno della maggioranza, l’articolo 6, il governo balla. «Se non è approvato si ritiene conclusa l’esperienza di governo», va giù durissima la sottosegretaria all’Economia Cecilia Guerra, LeU, in commissione Finanze alla Camera. Sul tavolo c’era l’emendamento soppressivo della Lega, firmato anche dall’intero centrodestra. Il governo insisteva per votarlo e probabilmente sarebbe passato: gli schieramenti, con FdI a favore dello stralcio, erano in parità assoluta ma a quel punto avrebbe votato anche il presidente della commissione, il renziano Luigi Marattin. Scelta irrituale ma non illegittima. La riforma del catasto ne sarebbe uscita salva. La maggioranza molto meno.

DIFFICILE, ANZI impossibile credere che una posizione tanto dura sia assunta dalla sottosegretaria senza un preciso mandato non solo del ministro dell’Economia Daniele Franco ma anche dello stesso premier. Infatti palazzo Chigi fa filtrare la stessa determinazione nel portare a casa l’ennesima riforma della discordia. Con un pizzico di diplomazia in più: la disponibilità a considerare la rimodulazione dell’emendamento alla quale si è impegnata a lavorare Forza Italia, chiedendo il rinvio del voto a stamattina.
Il partito azzurro è diviso. Gianni Letta spinge perché i forzisti si esprimano comunque a favore della riforma, si sarebbe anzi già spinto sino a garantirne l’approvazione direttamente a Mario Draghi e al ministro Renato Brunetta. Silvio Berlusconi alza il telefono ma solo per informarsi sulla situazione e chi lo ha sentito assicura che è molto meno convinto del suo consigliere numero uno.

Salvini invece insiste e ancora ieri sera teneva duro, inviperito per la brutalità del diktat, effettivamente inusuale e non precisamente rispettoso delle prerogative del parlamento che, almeno sulla carta, ancora esistono. «Minacciare la crisi qualora l’emendamento non fosse approvato è da irresponsabili», tuonano in un comunicato congiunto i capigruppo leghisti delle commissioni Bilancio e Finanze, Massimo Bitonci e Giulio Centemero, e il vicepresidente della Finanze Luigi Gusmeroli. La prendono male anche i forzisti. «Sono basita», giura la vicepresidente del gruppo al Senato Gabriella Giammanco. Anche i senatori 5 Stelle, puntualmente meno concilianti dei colleghi deputati, si risentono: «Sono pressioni irricevibili».

RICEVIBILI O MENO le pressioni arrivano a destinazione e spostano la posizione di due esponenti della commissione, facendo così pendere comunque la bilancia a favore del governo: Maurizio Lupi, per Noi con l’Italia, e Nadia Aprile, del Misto. Ma la rottura resterebbe un incidente di prima grandezza e la riformulazione dell’emendamento di Forza Italia sarà dunque probabilmente accolta oggi dal governo. Il testo, ieri sera, ancora non era definito ma le linee fondamentali erano già chiare. Le conseguenze della mappatura degli immobili, perché in questo consiste al momento la riforma del catasto, dovrebbero essere rinviate di anni con l’impegno formale a non aumentare il carico fiscale. Il nuovo catasto dovrebbe servire solo a far emergere il nero, cioè le abitazioni sulle quali non sono mai state pagate tasse, e non ad adeguare il carico fiscale sul reale valore degli immobili. Il testo forzista, al quale lavorano anche Marattin e il ministro leghista Massimo Garavaglia, «rafforzerebbe» l’impegno a evitare aumenti degli estimi.

Si tratta in realtà di una tipica mediazione diplomatica e formale che non cambia la sostanza della riforma. Il rinvio di anni infatti c’è già: l’esito della mappatura degli immobili sarà noto soltanto nel 2026 e a quel punto sarà comunque necessario un passaggio parlamentare per trarre dal nuovo catasto conseguenze concrete. L’impegno a non aumentare le tasse è una promessa impossibile da mantenere: molte abitazioni sono infatti accatastate per un valore molto inferiore a quello reale e una volta emerso detto valore non ci sarà modo di ignorarlo. Ma con le spalle al muro, alla fine, probabilmente anche la Lega finirà per arrendersi