In occasione del centenario della nascita di Cornelius Castoriadis (1922-1997) sono state tradotte in italiano due antologie di suoi scritti economico-filosofici (Contro l’economia, Luiss University Press, pp. 200, euro 24 e L’elemento immaginario, Ets, pp. 192, euro 24) e l’edizione integrale del suo libro più importante (L’istituzione immaginaria della società, Mimesis, pp. 560, euro 28), di cui era da tempo esaurita la seconda parte, apparsa in Italia nel 1995; infine è stata ripubblicata un’antologia di suoi scritti politici (La rivoluzione democratica, Elèutera, pp. 264, euro 18), già uscita nel 2001.

PIÙ PASSA IL TEMPO, più ci si rende conto che Castoriadis è stato in tutto e per tutto un figlio del «secolo breve», per il quale, a differenza di quanto oggi sembra sempre più spesso scontato, l’assetto sociale vigente e quindi il potere costituito sono opera umana e dunque non hanno una base naturale – né tantomeno ontologica – che li renda immodificabili. Infatti, per Castoriadis, la realtà della natura e lo stesso «essere» di cui parla la tradizione filosofica ci permettono di agire e di creare, di immaginare e di istituire, ma non ci impongono nulla: cioè non ci consegnano «istruzioni per l’uso». Siamo noi che facciamo le nostre leggi. Ed è per questo che ne siamo responsabili. Quindi, alla base del dinamismo delle istituzioni sociali c’è un decisivo rapporto con l’immaginario che va approfondito e indagato, facendone emergere le potenzialità non ancora esplicitate.

Castoriadis è stato fondatore e animatore di «Socialisme ou Barbarie» dall’immediato dopoguerra fino al 1967, mentre contemporaneamente lavorava come economista in un’importante organizzazione internazionale, per diventare, dopo il 1970, psicoanalista e docente alla École pratique des hautes études. Queste sue molteplici attività trovano la loro unità nella costante attenzione alla «brace» della società istituente, che cova sempre sotto la «cenere» della società istituita. In realtà, per lui, tra la stabilità delle istituzioni sociali e ciò che alla loro base ne rende possibile la tenuta e la permanenza c’è sempre uno scarto, magari impercettibile, che ne mette in movimento l’alterazione.

Quest’attenzione «militante» alla creatività sociale costituisce il filo rosso che attraversa tutta la sua opera teorica e che torna d’attualità in un momento come l’attuale in cui s’avverte sempre più acutamente l’urgenza d’inventare un futuro vivibile, che non sia la prosecuzione pura e semplice del presente.

In questa prospettiva, le riflessioni di Castoriadis sull’irrazionalità del capitalismo, incapace di preservare l’ambiente dalle conseguenze devastanti dell’industrializzazione e del consumismo selvaggio, individuano nella diffusione di incertezze, malcontento e disagio l’esigenza d’una trasformazione sociale radicale. Nella forma di vita prevalente nelle società avanzate c’è un unico valore condiviso: l’incremento dei consumi privati. Ed è esattamente questo il «modello identificatorio» che viene proposto e in qualche modo imposto agli individui sociali.

A prescindere dalle sue distruttive conseguenze ecologiche, un tale modello è mistificante e menzognero. L’incremento dei consumi per tutti, infatti, è solo ciò che il sistema economico promette ai singoli per fidelizzarli e quindi per cementare il consenso; ma in realtà l’unico vero e inderogabile imperativo di sistema è la massimizzazione dei profitti.

CASTORIADIS AVEVA VISTO giusto. Com’è poi accaduto a partire dal crack del 2008, tra le urgenze del sistema economico-finanziario e le speranze di autopromozione degli individui che dovrebbero sostenerlo (ma che invece ne risultano schiacciati), non c’è partita. L’economia non si limita a fagocitare la politica ma, avendone preso il posto, tende a totalizzare la società. Qualunque limite imposto dallo stato di diritto agli animal spirits dei poteri economici è avvertito come un’intromissione intollerabile nella libertà dell’iniziativa privata. Diseguaglianze sociali e devastazione del pianeta sono le due facce dell’immaginario della crescita illimitata di produzione e consumi che Castoriadis non ha mai smesso di denunciare in nome della democrazia come messa in discussione radicale della legalità istituita.