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Casson affonda un’altra volta

Casson affonda un’altra voltaCampagna per Felice Casson in un circolo Pd di Venezia – Giuliana Poletto

Venezia Storica vittoria del centrodestra con Luigi Brugnaro. Come nel 2005 l’ex pm sconfitto al ballottaggio, nonostante 1.540 voti in più rispetto al primo turno. E nel Pd si apre la caccia ai «traditori»

Pubblicato più di 9 anni faEdizione del 16 giugno 2015

La storia si ripete: Felice Casson affonda un’altra volta nel ballottaggio. E se nel 2005 era un «derby» con la filosofia amministrativa di Massimo Cacciari targato Margherita, domenica la sconfitta dell’intero centrosinistra ha spalancato le porte di Ca’ Farsetti a Luigi Brugnaro, alla Lega Nord, al “civismo” di Francesca Zaccariotto e ai rigurgiti di fascismo.
L’ex pm e senatore Pd “dissonante” è stato condannato dalle urne la seconda volta senza appello. Una notte da incubo, fin dai primissimi risultati.

Un verdetto che brucia ogni certezza e squaderna l’abisso. Con Casson che va k.o. dieci anni dopo, s’inabissano la «ditta» d’altri tempi, l’eredità rossoverde e perfino il popolo della sinistra. Nel deserto di Zaialand ci si può a mala pena arroccare nei municipi periferici (Treviso, Vicenza, Belluno), perché l’«effetto Bitonci» è dilagato da Padova a Rovigo mentre la «catastrofe Moretti» ha travolto anche Venezia.

Il risultato del ballottaggio è impietoso. Lo scarto finale è 6.567 voti, cifra che non ammette repliche. Solo la marcia trionfale di Brugnaro (il figlio del poeta-operaio, che ora è paròn di Umana, della Reyer, della Misericordia e della città…) dal quartier generale in Calle del Sale fino alla stanza dei bottoni sul Canal Grande. E il silenzio di Casson che via Twitter ringrazia i sostenitori e si eclissa.

È davvero l’ammainabandiera di Venezia “rossa” con Giovanni Battista Gianquinto, poi “riformista” con Gianni Pellicani e “democratica” con Cacciari, Paolo Costa e Giorgio Orsoni. È una svolta davvero storica, perché bisogna risalire al 1990-93 per ritrovare un sindaco diverso: Ugo Bergamo, notabile Dc, non a caso riemerso fra i supporter di Brugnaro.

In due settimane, laguna e terraferma hanno maturato il drastico cambio di scenario, non solo politico. Brugnaro ha convinto perfino sestrieri come Castello, “roccaforti” come Marghera e l’intero Lido. E con il 10% in meno di votanti rispetto al primo turno, la coalizione di centrodestra si è paradossalmente imposta senza nemmeno fare il pieno dei propri consensi. Brugnaro ha chiuso con 54.405 preferenze contro le 47.838 di Casson. Ma sulla carta gli apparentamenti avrebbero dovuto sommare ai 34.790 voti fucsia, i 14.482 della Lega e gli 8.292 della Civica Zaccariotto per un totale di 57.564.

Al contrario, lo schieramento Civica Casson, Pd, Verdi, Sel, Socialisti e Cd partiva dai 46.298 voti del primo turno. Ma è lampante che quei 1.540 elettori in più di domenica non hanno compensato gli astensionisti incalliti e nemmeno i «traditori» nel segreto dell’urna. I primi incarnano forse l’effetto Mose, ma anche la disillusione nei confronti del Pd nazionale e lagunare. Ma gli altri rivelano il bizantinismo business oriented di lobby, salotti e mandarini che fin dalle Primarie hanno messo sabbia nel motore di Casson.

Non è un mistero per nessuno che a Venezia (e nel Veneto) il «sistema Galan»contasse sulla concertazione formato Consorzio Venezia Nuova. Da almeno un anno erano al lavoro, su opposte sponde, i vecchi “referenti” dei nuovi equilibri. Hanno sbaragliato il campo e si preparano ad un lustro all’insegna della sintonia fra il governatore post-leghista Luca Zaia e il sindaco post-berlusconiano Brugnaro. Forse, non è un caso che i rispettivi “partiti elettorali” abbiano monopolizzato i consensi tanto alle Regionali come alle Comunali…

Venezia, poi, riassume la più devastante deriva demokrac. Il partito collassato ben prima e peggio di Ale Moretti e Casson. L’eredità europea dissipata ad ogni angolo del Nord Est (sintomatico Portogruaro, dove Maria Teresa Senatore umilia il designato Pd che aveva 17 punti di vantaggio). E la deriva impazzita dei sindaci anti-migranti, sceriffi e decisionisti che riduce a simulacro iscritti, circoli e dirigenti.

«Il Pd a Venezia ha raccolto quel che ha seminato» sintetizza Tommaso Cacciari, attivista del laboratorio Morion e del Comitato No Grandi Navi. Tant’è che in terraferma, nel centro storico e nelle isole nessuno punta l’indice su Casson e tutti preferiscono aprire la caccia ai «battitori liberi» targati Pd. Sussurri e grida su vendette personalizzate, indicazioni eretiche alla guardia imperiale dell’ex Pci, addirittura voti di scambio nel ballottaggio di project, appalti e cantieri.

Intanto, a Venezia si riparte dalle municipalità (5 di centrosinistra, solo Favaro con Brugnaro). E dalle 883 preferenze di Nicola Pellicani, sconfitto alle Primarie da Casson e poi capolista della sua lista civica.

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