Cassirer, un illuminista tra le forme simboliche ed Einstein
Che in Italia ci sia un rinnovato interesse per Cassirer lo confermano in particolare alcune pubblicazioni, curate da Giacomo Borbone, che hanno reso disponibili scritti sia inediti, come le lezioni sulla filosofia antica tenute da Cassirer a Oxford nel 1935 e a Yale nel 1942 (Bompiani, 2023), sia mai tradotti prima, come la monografia su Cartesio del 1939 (Descates. Lehre, Persönlichkeit, Wirkung; trad. it. Dottrina, personalità, impatto, Morcelliana, 2024). A partire da questo stato di cose si può considerare il volume Ernst Cassirer, l’ultimo illuminista 1874-1945 di Federico Avogadro (Carocci editore «Frecce», pp. 302, euro 29,00), utile introduzione complessiva al pensiero del filosofo di Breslavia, con tanto di riferimenti alla letteratura critica recente più importante che lo riguarda – l’introduzione laterziana di Giulio Raio oltretutto è introvabile ormai da tempo.
L’autore, in linea con l’impostazione e con il linguaggio della ricerca accademica, guarda all’opera di Cassirer presentando il suo scritto come una biografia intellettuale ispirata al goethiano Aus meinem Leben. Dichtung und Wahrheit (trad. it. Dalla mia vita. Poesia e verità, a cura di Enrico Ganni, Einaudi 2018). La ragione di questa scelta è ricondotta allo stesso Cassirer: nel saggio Goethe und die geschichtliche Welt del 1932 (trad. it. Goethe e il mondo storico, a cura di Renato Pettoello, Morcelliana 1995) si afferma, infatti, che lo scritto di Goethe è un esempio più che riuscito di autobiografia intellettuale, dal momento che mostra la vita «come un costante divenire che scaturisce da un unico punto di ordine e ad esso torna sempre di nuovo» (p. 59). Da qui Avogadro decide di porre al centro dello studio della vita di Cassirer, e delle trasformazioni intellettuali che l’hanno caratterizzata, il costante divenire della sua inesausta ricerca sulle forme simboliche – scienza, arte, linguaggio, mito – a partire dagli anni della formazione a Marburgo fino all’arrivo negli Stati Uniti, dove Cassirer fu costretto a riparare nel 1933 per sfuggire alla barbarie nazista e antisemita.
Gli undici capitoli che costituiscono il saggio muovono così dal primo incontro di Cassirer con la filosofia di Kant, alla quale resterà legato per tutta la vita, che avviene grazie alle lezioni berlinesi di Georg Simmel. È quest’ultimo a consigliargli di leggere gli scritti di Hermann Cohen sul filosofo di Königsberg, dai quali Cassirer sarà spinto a trasferirsi a Marburgo, dove il neokantismo – di cui Cohen era il maggior esponente insieme a Paul Natorp – accentuava il trascendentalismo kantiano in direzione logico-scientifica (capp. 1 e 2). Sono anni decisivi in cui Cassirer definisce la sua posizione epistemologica, anche grazie allo studio delle dottrine di Cartesio e Leibniz, sulle quali incentrerà la tesi di laurea del 1899. Se le Regulae cartesiane confortano, infatti, la fondazione critica della scienza, il pensiero di Leibniz avvalla la trasposizione dei dati in funzioni matematiche, sostenendo Cassirer nella sua riflessione volta ad affermare, nel primo volume di Erkenntnisproblem in der Philosophie und Wissenschaft der neueren Zeit del 1906 (tradotto in italiano con il titolo fuorviante di Storia della filosofia moderna), che fu anche la sua tesi di abilitazione, e poi in Sostanza e funzione del 1910 (Substanzbegriff und Funktionsbegriff) il primato gnoseologico della funzione rispetto all’oggetto che tale funzione struttura (cap. 4). Il funzionalismo caratterizzerà dunque l’intera epistemologia di Cassirer e lo porterà a fare i conti, in particolare, con la rivoluzionaria teoria della relatività, tanto da essere apprezzato dallo stesso Einstein, con l’empirismo logico del Circolo di Vienna e del Circolo di Berlino (cap. 6) e ad affermare in definitiva la natura simbolica di ogni sistema categoriale. È questo il nucleo da cui si sviluppa l’esigenza, che troverà soddisfazione nella Filosofia delle forme simboliche (Philosophie der symbolischen Formen), di analizzare come un continuum la totalità delle forme umane di cultura, quali il linguaggio e il mito.
Il primo abbozzo di questo grande piano risale al primo dopoguerra, precisamente al 1919, anno in cui Cassirer riesce finalmente a ottenere la nomina di professore di filosofia all’Università di Amburgo, dopo non pochi ostacoli dovuti alla sua origine ebraica (cap.7). A favorire la realizzazione dell’opera, in particolare il volume dedicato al mito e alla storia delle religioni, è la consultazione della biblioteca di Aby Warburg, un vero e proprio cenacolo, frequentato, fra gli altri, da Erwin Panofsky e Gustav Pauli. Con Warburg Cassirer stringe un sincero legame di amicizia, dove la sintonia intellettuale si accompagna a quella politica, tanto che entrambi difendono con convinzione la Repubblica di Weimar, opponendosi all’ascesa culturale, prima che governativa, del nazismo (cap.8).
Non a caso la ricerca di Cassirer di questi anni – nel 1929 ottiene la nomina di rettore all’ateneo di Amburgo – è centrata in ambito etico-politico e si accompagna a chiare prese di posizione pubbliche come la firma della petizione del 1925 a sostegno della repubblica tedesca e il discorso pronunciato nel 1928, L’idea di costituzione repubblicana, in occasione del decimo anniversario dell’esperienza weimariana.
Anche così, Cassirer – ultimo illuminista, appunto, e kantiano convinto – ribadisce la sua fiducia nella forza emancipatrice e pacificatrice della ragione, quindi dei diritti universali che essa fonda e garantisce, mentre la Germania e l’Europa sono sempre più ammaliate da pulsioni mitico-politiche (cap.10).
E proprio il mito politico, la sacralizzazione dello stato, la fascinazione capace di subordinare gli individui e la storia, saranno i temi del suo ultimo impegno filosofico, portato avanti negli anni dell’esilio statunitense fino alla morte, che coglierà Cassirer nel 1945 a New York impedendogli di vedere la fine della seconda guerra mondiale e la pace: Il mito dello stato (The Myth of the State) sarà pubblicato postumo nel ’46.
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